«Hänsel e Gretel» alla Scala fiaba tra poesia e marzapane
Un delizioso spettacolo, compiuto in tutti i suoi aspetti, è la nuova edizione di Hänsel e Gretel prodotta dalla Accademia della Scala, in scena al Piermarini fino al 24 settembre. Per prima cosa, la fiaba drammatica di Engelbert Humperdick è un gioiello che riflette la cultura tedesca come pochi altri (I maestri cantori e Il franco cacciatore che curiosamente appaiono nello stesso cartellone, costituiscono altri punti cardinali di questa «geografia»). La sapiente combinazione di corale, lied, prosa wagnerianamahleriana e canto popolare, trova inoltre nel direttore Marc Albrecht, nell’orchestra dell’Accademia e nel Coro di voci bianche del teatro interpreti impeccabili, mossi da slancio, passione e disciplina tali da rendere giustizia alla freschezza e all’alto grado d’invenzione di questa incantevole partitura del 1893 (la «prima» fu diretta da Richard Strauss a Weimar), amata in Germania quanto rara da noi. Ottimi, poi, i giovani interpreti vocali, a partire dall’Hänsel di Anna Doris Capitelli e dalla Gretel di Francesca Manzo, voci pulite, agili, fresche a loro volta. Godibilissima, infine, la messinscena tutta invenzione, poesia e marzapane di Sven-Eric Bechtolf, l’attuale responsabile artistico del festival di Salisburgo. Da un lato mantiene i tratti favolistici del libretto, ispirato alla celebre fiaba dei Grimm, escogitando peraltro dei cambi scena che sono un piccolo prodigio in sé; dall’altro attualizza l’azione nella periferia dei clochard, «angeli» di cartone – come di cartone è la scenografia – che vincono la miseria in virtù di solidarietà e amore. Applausi interminabili e meritatissimi.