Vincitori e vinti
Le metafore di Concita De Gregorio, voce del ceto medio riflessivo
«Da Venezia è tutto». Tutto cosa? Daria Bignardi non c’è più, ma Rai3 sì. Intendo quella immaginata da Daria, una rete di riferimento per una sinistra postcomunista, middlebrow (copy by Virginia Woolf), frequentatrice delle tante kermesse filosofiche e letterarie, riflessiva, molto riflessiva.
Daria non c’è più, ma c’è Concita, il suo alter ego schermico, la voce della coscienza civile del ceto medio riflessivo. Perché anche Concita riflette, ora che non presenta più i libri, ora che non intervista più i sindaci di «FuoriRoma», ora che da Venezia conduce una rubrica quotidiana sulla Mostra del cinema (Rai3, ore 20.15). Daria non c’è più e Rai3 è tornata romanocentrica.
Così Concita De Gregorio si sente molto più a suo agio: nel dress code (sciatteria studiata, stile Pigneto), nelle interviste («Ti chiedo di raccontare a mia madre che ci sta guardando la trama del tuo film»), persino nel lanciare gli sterminati titoli di coda (nei titoli di coda si nasconde la chiave per giudicare un programma: più sono lunghi, più il programma è modesto).
Daria non c’è più, c’è Concita: «Un film abbastanza amaro e un po’ lento», «un film che ho amato moltissimo», «metaforicamente questo film fa molta simpatia». Metaforicamente. Lei viaggia solo sul metaforico. Per i giudizi più sbrigativi c’è il critico del Fatto Quotidiano Fabio Ferzetti: «Ferzetti satanici».
Daria non c’è più, da Venezia è tutto. E ho detto tutto. Concita piace perché è sempre un po’ dolente, anche quando fa i riassuntini dei film. Piace alle professoresse perché è una che s’impegna. Piace alla sinistra che si piace perché affronta il sociale. E il sociale a Venezia serve a ridimensionare la mondanità che sfila sul red carpet. Metaforicamente, Concita si cruccia sempre per Elena di Troia, la cui bellezza le ha impedito di dedicarsi ai problemi sociali di Sparta.