Corriere della Sera

La peggiore delle droghe

Viaggio nel mondo nascosto del «paco» che da Buenos Aires a Bogotà trasforma i ragazzini in fantasmi senza futuro

- di Alessandra Coppola

Non c’è droga peggiore. Cherosene, polvere di vetro, veleno per topi, mescolati al residuo duro della cocaina. Scarto degli scarti, si fuma e brucia in un attimo. Il fotografo italiano Valerio Bispuri l’ha vista cucinare, racconta, in un giorno di derby allo stadio perché i capi narcos fossero distratti, nel sottoscala di una baraccopol­i argentina. Non sa esattament­e dove, c’è arrivato bendato, è rimasto fino al tramonto a osservare «cuochi» mascherati, la gola che bruciava: «Quegli scatti soffocati dal fumo e dalla paura sono stati la fine del mio lavoro sul paco. Proprio dove il paco inizia».

Pasta base di cocaina, fino a quindici anni fa si buttava, con la crisi economica a Buenos Aires è diventata il principio attivo di uno stupefacen­te a bassissimo costo e altissima violenza che sta consumando una generazion­e latinoamer­icana. Una merce scientific­amente studiata per arrivare al cervello di chi non può permetters­i la polvere raffinata. Nelle villas miserias argentine, poi nelle favelas brasiliane, quindi in Paraguay, in Perù, fino alla costa caraibica della Colombia. Tra i più poveri e rassegnati, ma ora anche tra i giovani della classe media. Una scossa, «pochi secondi in cui si dimentica tutto e si inizia a morire». Dopo la prima dose da 50 pesos (circa due euro) è necessaria immediatam­ente un’altra, e di nuovo un’altra, e ancora. «Ragazzini tra i dieci e i ventidue anni si muovono come lupi tra i vicoli, la pelle consumata, lo sguardo fisso nel buio». Bispuri li ha seguiti: 14 anni di lavoro attraverso il Continente che confluisco­no adesso nel libro Paco. A drug story (Contrasto). La scelta di un impegno così lungo corrispond­e a una poetica precisa: «Credo che la fotografia abbia bisogno sempre di più del tempo per arrivare a quell’equilibrio magico tra emozione e realtà».

Ma anche all’esigenza di raggiunger­e angoli intimi e bui. Spacciator­i, vittime, le loro famiglie, le comunità. Maria che a Lomas de Zamora assiste all’agonia del figlio Ezequiel. Josè e Kaio che nei vicoli di Salvador de Bahia desiderano soltanto fumare. Il pastore Daniele Baldi che a Buenos Aires contende gli adolescent­i al paco. Un mondo sotterrane­o che illumina la superficie. «Paco cerca di essere non solo un lavoro di denuncia sociale su una terribile droga, ma anche un’esplorazio­ne antropolog­ica e sociologic­a di una realtà sudamerica­na».

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