Corriere della Sera

«Dopo lo stupro era con me a fare la spesa»

I genitori del 16enne nigeriano. «Come ha potuto farlo? Ha una sorellina di 13 anni»

- DAL NOSTRO INVIATO Fabrizio Caccia

PESARO A. e C. non la vedono nella stessa maniera: «Mio figlio non è un violento», dice lei, la mamma del nigeriano coinvolto negli stupri di Rimini. «Quando sono venuti a prenderlo — continua la signora, che fa la cameriera in un ristorante — io ho riso davanti ai poliziotti. Ho detto a loro: ma vi rendete conto che L. non ha neppure 16 anni? Lui, dunque, avrebbe violentato una donna? Non ci credo, il mattino dopo era tranquillo a fare la spesa con me...».

Suo marito C., nigeriano di Imo, che lavora come corriere per una ditta di spedizioni, è invece assai perplesso e ieri, quando è andato a trovare in carcere a Bologna il suo primogenit­o, gliel’ha detto in faccia: «Ma ti rendi conto in che casino ti sei messo? Avete fatto una cosa sporca voi quattro, tu hai anche una sorella, pensa se qualcuno facesse del male a lei...». A. e C. vivono da molti anni in Italia, i loro quattro figli sono nati qui e il sogno «sarebbe quello di avere tutti insieme un giorno la cittadinan­za italiana», dice il padre.

L’uomo è convinto che a rovinare L. siano state le cattive compagnie: «Io l’ho picchiato anche due, tre volte negli ultimi mesi — si sfoga – perché sotto casa lo trovavo sempre con quei due minorenni marocchini ora in carcere con lui. E la cosa non mi piaceva. Ma non perché io sia di fede cristiana: cristiani, musulmani, le persone per me sono tutte uguali. Però il cuore mi diceva che prima o poi quei due l’avrebbero condotto su una brutta strada. E così è stato, infatti. Mio figlio ogni volta mi giurava che avrebbe smesso di frequentar­li e invece ora ho scoperto che mentiva».

Guerlin Butungu, considerat­o il capo della banda, il padre dice di non averlo mai notato nella zona di Villa San Martino, dove risiedono. Uno dei fratellini di L. però rivela di averlo visto almeno una volta in compagnia degli altri tre dalle parti di piazza Matteotti, a Pesaro, dove la sera si radunano le comitive e c’è anche un discreto giro di spaccio.

L. frequenta l’istituto meccanico «Don Orione» a Fano e a scuola, secondo i genitori, non ha mai avuto problemi. Come se avesse una doppia vita: «A casa sempre obbediente — racconta la mamma — mai visto fumare neppure una sigaretta, altro che birre e spinelli».

Una famiglia di immigrati in regola, a differenza di quella dei due ragazzi marocchini. L. è il più grande, poi ci sono altri due bambini e la sorellina di 13 anni e che adesso si trova in gita in Croazia («Non le abbiamo detto ancora niente, per il momento abbiamo preferito lasciarla tranquilla»).

«Ho letto sui giornali — dice mamma— che noi l’avremmo viziato, che gli abbiamo perfino comprato l’iPhone ultimo modello. Sì è vero, ma gliel’abbiamo comprato coi nostri guadagni, perché sentivamo che lo dovevamo fare per lui. Io adesso non so se L. ha sbagliato. Ma resta sempre mio figlio, non lo posso ammazzare».

Io l’ho picchiato anche due, tre volte negli ultimi mesi perché sotto casa lo trovavo sempre con quei due: ho fatto di tutto per non farglieli frequentar­e Il padre

 ?? (LaPresse) ?? Accusato Uno dei minorenni fermati sabato scorso
(LaPresse) Accusato Uno dei minorenni fermati sabato scorso

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy