Auto, ville e bunker in stile «Scarface» La latitanza dorata del boss della coca
Rocco Morabito preso in Uruguay dopo 23 anni. Era il broker della droga a Milano
Per la sua nuova identità aveva scelto di ringiovanirsi di un anno e un giorno: «Francisco Antonio Capeletto Souza», nato a Rio de Janeiro il 14 ottobre 1967. Aspetto distinto, capelli e barba brizzolati, occhiali sottili di metallo e l’aria un po’ intellettuale. Dicono che si spacciasse per imprenditore nel ramo delle esportazioni, e dalla sua villa di via Curupay nella lussuosa Punta del Este, la Beverly Hills del dipartimento di Maldonado in Uruguay, in qualche modo pare che continuasse a coordinare le spedizioni dalle coste del Sudamerica alla «sua» Milano, abbandonata di corsa nel 1994 quando il pm Laura Barabini ne chiese l’arresto per traffico internazionale di droga.
Ma si dice che in questi 23 anni di latitanza Rocco Morabito, in realtà, in Italia e a Milano ci sia tornato eccome. Dal Brasile prima, dove sicuramente si trovava ai tempi dell’operazione «Fortaleza» ma anche successivamente, tant’è che sabato quando la polizia uruguaiana gli ha messo le manette ai polsi lui aveva addosso proprio un passaporto brasiliano, grazie al quale aveva anche ottenuto una carta d’identità in Uruguay. Si dice anche che per lungo tempo la caccia a ‘u Tamunga — soprannome ereditato dal vecchio fuoristrada militare tedesco Dkw Munga con il quale girava da ragazzo per le strade di Africo Nuovo (Reggio Calabria) — non sia stata così serrata come ci si attenderebbe per un boss condannato a 30 anni per narcotraffico e associazione mafiosa. Qualche anno fa gli investigatori raccolsero anche una voce — mai del tutto confermata, ma «verosimile» — secondo la quale la sua compagna, Paula Maria De Oliveira Correira, 54 anni, nata in Angola ma con passaporto portoghese, godesse di presunte «coperture politiche», tali da garantire anche «l’incolumità» del marito.
I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano qualche anno fa avevano scoperto che la compagna gravitava nella zona di San Paolo (2004) e per questo avevano chiesto alle autorità brasiliane di rintracciarla e pedinarla nella speranza di arrivare al marito. E la pista era giusta, se è vero che anche sabato, quando Morabito è stato fermato dalla polizia uruguaiana in un hotel del centro di Montevideo, la compagna era con lui. La donna è stata arrestata ma subito scarcerata. Nella loro villa avevano anche una pistola Glock calibro 9, 13 telefonini, 54.521 dollari americani, carte di credito e 150 fototessera, pronte per nuovi documenti.
Le indagini della polizia erano partire in primavera quando gli investigatori uruguaiani avevano scoperto che Morabito aveva iscritto a scuola la figlia 13 anni con il suo vero nome. Un errore «clamoroso» per un boss latitante da 23 anni e in Uruguay da oltre dieci anni. Tecnicamente Rocco Morabito è stato arrestato per possesso di documenti falsi e per quelle accuse è detenuto. Anche se i giudici hanno contattato subito i carabinieri di Reggio Calabria che avevano «in carico» l’esecuzione della sua cattura, estesa in campo internazionale. Da due anni il suo nome era stato inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi.
Rocco Morabito, nato il 10 febbraio 1966 ad Africo, era arrivato a Milano quando ancora non ne aveva 25. Negli anni Novanta era il «rampollo» dello zio Domenico Antonio Mollica, boss della famiglia Morabito-Palamara-Bruzzaniti, legato al patriarca della ‘ndrangheta Peppe Morabito ‘u tiradrittu. A Milano lo incastrano agenti della Mobile sotto copertura mentre paga droga per 13 miliardi delle vecchie lire (2,9 miliardi in contanti) e ne importa per quasi una tonnellata. È al Nord che diventa uno dei più importanti broker della droga sfruttando il «peso» del suo cognome. Si muove di continuo, soprattutto in Brasile, nella zona di Fortaleza. Per raggiungere il Sudamerica parte da Ginevra, dove alloggia all’hotel Century. A differenza dei «paesani» Morabito ama (e predica) la bella vita. Nel ‘91 si muove su una Lancia Thema station wagon e su una Golf Tdi (in Uruguay aveva una Renault Logan e una Mercedes 050), usa il telefonino e frequenta i locali di piazza Diaz, corso Vittorio Emanuele e piazza San Babila. I poliziotti lo fotografano nel ‘93 in abito e cappotto al funerale del suocero del suo braccio destro. Viene pedinato al bar Clubino di viale Gian Galeazzo, alla pasticceria Gattullo di porta Lodovica, e al Biffi di piazzale Baracca. Fino al ‘92 anche lui e la compagna hanno un locale intestato, l’Estoril bar di viale Sabotino 9. A Milano si divide tra una
In Italia A Milano si scoprì che aveva trattato una partita di droga per 13 miliardi di vecchie lire
villetta intestata allo zio Mollica nella periferia sud, una in via Venosa a Porta Romana e una villetta a Casarile, al confine con la provincia di Pavia. Oggi quella casa è confiscata ed è diventata una biblioteca.
Come è confiscata la sua villa a tre piani in stile Scarface di Africo, costruita da latitante. Sono spariti infissi e sanitari e oggi la villa è abitata solo da piccioni. In un sottoscala è stato costruito un bunker, nella mansarda una vasca idromassaggio circondata da due colonne di marmo.