Vita (e dubbi) di un ginecologo non obiettore «Gli uomini? Dei Ponzio Pilato»
In «L’ho fatto per le donne» 40 anni di storie della legge 194
in prima linea nell’applicazione della legge 194. Nel libro ripercorre la sua carriera di medico abortista edificata sulle fondamenta di un triplice credo: nella professione come servizio al cittadino, nella Scienza e nel primato dello Stato. Almeno fino a quando una donna, Barbara, insieme al suo bambino che non sarebbe dovuto nascere — «Lo vede questo, dottore? Si chiama Giulio ed è un suo errore» —, getta un’ombra. «Fu davanti a quel bambino che ho avuto la mia prima crisi di coscienza».
L’ospedale è il Cazzavillan di Arzignano, nel Vicentino, dove Segato fino al 2009 è stato responsabile di quella che gli antiabortisti hanno ribattezzato l’Equipo de la muerte: negli Anni 80 «abortire significava un po’ sfidare Dio e la cosa generava paure e ostilità nei confronti di chi lo praticava. Noi medici abortisti eravamo “i diversi”, una macchina delle interruzioni che andava a tutto vapore: in quel periodo ne facevamo circa 400 l’anno».
Perché si abortisce? «Le donne si rivolgevano a noi per le ragioni più varie: perché troppo giovani o troppo vecchie per una gravidanza, perché avevano altre priorità, perché il padre non era il marito, perché avevano subito una violenza, perché il bambino non era normale, perché erano state convinte dall’amante», scrive il medico, un «soldato della 194» che non ha «mai disertato», anche se la tentazione l’ha avuta: «L’ho fatto per spirito di servizio, per coerenza professionale e per le donne».
Il libro è la cronaca di una rinuncia per logoramento. Con il passare degli anni in camera operatoria, lo sguardo sulla vita — propria e altrui — cambia. Il soldato ha un sbandamento, l’inizio di una conversione laica: gli pesa verificare che le adolescenti che entrano nel suo studio lo fanno «in genere a cuor leggero, come se avessero dovuto togliersi una cisti: per loro era aborto a prescindere». Entra Francesca, 25 anni, un marito, un lavoro: «Non mi sento pronta per un figlio», dice. La macchina delle interruzioni si mette in moto anche per lei, com’è previsto dalla legge, ma al comando c’è un uomo sempre meno convinto: «Troppa superficialità, poca voglia di combattere, di affrontare la vita e i suoi problemi. A certe donne avrei voluto rispondere: non si fa. Poi immaginavo i titoli dei giornali: lei vuole abortire, il Servizio interruzioni la respinge». Gli pesa il freddo: «Freddo l’ambiente, freddi gli animi, freddo il sangue. Perché freddo è l’aborto. Triste, silenzioso e terribilmente freddo. Almeno quanto è calda l’ostetricia con le sue mamme e i suoi piccoli. Non ho mai visto una donna contenta per un aborto».
Gli Anni Duemila portano la
Il dottor Segato «Lo confesso, a certe ragazze avrei tanto voluto rispondere: non si fa»