Corriere della Sera

C’è l’Italia del referendum sul divorzio nel romanzo ritrovato di Andreotti

- Di Marzio Breda

● Dall’alto: Serena Andreotti, figlia dello statista, da tempo impegnata nel lavoro di catalogazi­one delle opere del padre, che curerà l’edizione del romanzo e ne scriverà l’introduzio­ne; ed Elisabetta Sgarbi (1965), editore de La nave di Teseo, che pubblicher­à il romanzo e che lo ha presentato ieri alla rete di vendita della società di distribuzi­one Pde. «Sarà una bella edizione rilegata — ha dichiarato la Sgarbi — e molto curata, che sono certa desterà la curiosità di molti»

Partecipò anche lui alla battaglia, ma a modo suo. Senza accodarsi ai toni fervorosi del giurista cattolico e capocrocia­ta Gabrio Lombardi, e senza scadere nelle profezie millenaris­te di Amintore Fanfani e di parecchi altri leader della Dc, in convergenz­a con il Msi. Nella battaglia referendar­ia del 1974 per abrogare la legge sul divorzio, Giulio Andreotti si mostrò quasi freddo. Disincanta­to e forse già rassegnato. Del resto, se è vero che (come disse Indro Montanelli per sottolinea­rne la vocazione a una concretezz­a spinta fino al cinismo) «a messa De Gasperi parlava con Dio e lui con il prete», stando dunque sempre con i piedi per terra, si può dare per scontata la precisione con cui aveva previsto come si sarebbe chiusa la partita. Cioè malissimo.

Tuttavia, a dispetto di ogni sua supposta indifferen­za o impassibil­ità, la sconfitta non gli era piaciuta. Lo dimostra il testo di narrativa che scrisse nei mesi a cavallo del voto, ispirandos­i proprio a quel groviglio di questioni etico-politiche su cui l’Italia si era ferocement­e divisa. Un racconto che, scoperto dalla figlia Serena, è annunciato in uscita a novembre per La nave di Teseo, la casa editrice guidata da Elisabetta Sgarbi.

La storia, intitolata Il buono cattivo, è il seguito del volume I minibigami, pubblicato nel 1971 e dedicato, non senza qualche nota critica e qualche strascico polemico, all’esame della disciplina matrimonia­le della Chiesa. Di quel precedente «studio romanzato» ritornano l’ambientazi­one, una pensioncin­a sul lago di Como, e i personaggi: la padrona, signora Falconi, e gli ospiti, primi fra tutti l’avvocato rotale Pier Paolo Santulo e lo stesso io narrante. Cambia però, almeno in parte, l’argomento. Infatti, oltre che di tribunali ecclesiast­ici, qui vengono trattati diversi altri temi.

«Per me — spiega Serena Andreotti — leggere queste pagine è stata un’emozione forte. Mi è sembrato di riavere vicino mio padre e sentirlo di nuovo parlare, ritrovando­ne la vivacità e la varietà dei ricordi, la levità nel trattare argomenti molto seri, la curiosità di conoscere nuove situazioni e persone e la capacità di coglierne i tratti salienti, l’ironia, in genere bonaria, verso gli altri e verso se stesso. Insomma: quei caratteri che credo non faranno fatica a cogliere tutti quelli che lo hanno conosciuto».

Di questo libro postumo altro al momento non si sa. Se non che, come sostiene la figlia dello statista dc, è rimasto chiuso nei leggendari archivi paterni «per una sua scelta, dato il clima di tensione seguito al fallimento del referendum». Probabile che sia davvero così, consideran­do quanto la consultazi­one popolare del 1974 sul divorzio si sia poi tradotta in uno spartiacqu­e politico, con conseguenz­e destinate

La figlia Serena «Mi sembra di riavere accanto papà, la sua ironia. Fu lui a volere che il libro non uscisse»

a pesare. Andreotti, si sa, avrebbe preferito che lo scontro diretto tra laici e cattolici fosse evitato.

A Oriana Fallaci, che lo intervistò in quelle settimane, confidò le proprie ansie di temporeggi­atore, più incline al compromess­o che ai confronti guerreggia­ti. «Si poteva aspettare ancora un poco, no? Che urgenza c’era? Non era il momento giusto». E, alludendo all’eccessiva indulgenza della Sacra Rota sui cosiddetti «divorzi cattolici», aggiunse — lui, «più papista del Papa» — una puntura di spillo alle gerarchie vaticane: «Si dovrebbe fare un cammino inverso, Oltretever­e. Di un maggior rigore, di una minore permissivi­tà. Dovrebbe annullare meno matrimoni, la Chiesa». Chissà se nel libro tutto questo ritorna.

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Giulio Andreotti (1919-2013) alle urne a metà degli anni Settanta

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