«Una famiglia» sul mercato dei neonati: applausi dopo le prime reazioni tiepide
Una donna che partorisce cinque figli ma non è madre, piuttosto incubatrice. Uomini e donne pronti a attingere al mercato nero dei neonati pur di sapersi genitori. Un piccolo criminale che lucra su questo desiderio con meticolosa determinazione. Un ginecologo senza scrupoli che lo aiuta. Una coppia tenuta insieme da un legame morboso. Sebastiano Riso, secondo autore italiano in gara a Venezia, nel suo Una famiglia ha messo molta materia incandescente. Affidandosi, come già nell’esordio (Più buio di mezzanotte) a Micaela Ramazzotti (Maria), affiancata dal cantante e attore francese Patrick Bruel (Vincent).
Sono una coppia all’apparenza come altre, ma tenuta insieme «da un progetto criminale — dice Riso —. Fanno dei bambini per venderli a coppie che non possono generare. Non si parla di madri surrogate o utero in affitto. È la storia di loro due. Lei non è esattamente una vittima e Patrick, di quindici anni più grande, non è esattamente un carnefice. Raccontiamo la complessità di un rapporto di coppia patologico. La complicità tra loro che si incrina quando lei inizia a disobbedire al loro progetto comune, quando lo sente come una sopraffazione».
Una vicenda di fantasia ma basata su esperienze reali. «Esiste un mercato nero di neonati che prospera grazie al fatto che da noi adottare è difficilissimo per chi non è sposato, i single, le coppie omosessuali come la mia. Questo spinge molte persone a cercare un’alternativa illegale per diventare genitori». Più di quante si immagini, sostiene Riso. Con i suoi co-sceneggiatori (Andrea Cedrola e Stefano Grasso) è partito dalle intercettazioni frutto delle indagini effettuate dal procuratore Raffaella Capasso della procura di Santa Maria Capua Venere. Alla base del film anche il suo desiderio, inesaudito, di paternità: «Io e il mio compagno sappiamo che in Italia non può essere realizzato».
Una delle coppie in cerca di un figlio è formata da due uomini. Sono ricchi, vivono in un bellissimo attico con vista sulla cupola di San Pietro. Ottengono il bambino, ma poi lo restituiscono quando scoprono che è malato. Un’altra, eterosessuale, rivorrebbe indietro i soldi pagati dopo la morte della bambina. «Non ci sono distinzioni tra etero e gay».
Accoglienza della stampa freddina, applausi alla proiezione