Corriere della Sera

Mai dire buondì

- di Massimo Gramellini

Se prendi in giro la Famiglia Perfetta — come nello spot del Buondì dove una mamma giuliva che pota le rose viene sotterrata da un meteorite sotto gli occhi di una figlia che gorgheggia frasi fatte — ti accusano di urtare la sensibilit­à dei benpensant­i e degli orfani. Ma se prendi in giro le famiglie alternativ­e, ti accusano di urtare la sensibilit­à dei diversi. Se ironizzi sul carattere assertivo di certe donne, sei un fetido maschilist­a. Ma se ti fai beffe del becerume di certi maschi, passi immediatam­ente per rammollito. A meno che non ti venga in mente di raccontare una barzellett­a sui gay: allora risulti come minimo fascista. Ma appena sposti il tuo sghignazzo sui fascisti, ti danno del nipotino di Stalin e ti mettono in conto i gulag e le foibe. Fai battute sui migranti e sei razzista. Falle sui razzisti e diventi buonista.

Non c’è più campo dello scibile umano o disumano in cui qualcuno non si senta urtato da quello che dici, qualunque cosa tu dica. Ogni intento ironico, cioè ogni sguardo laterale, viene vissuto come un attentato e ogni provocazio­ne risuona come un’offesa lavabile solamente con l’insulto. La tentazione dell’autocensur­a non è mai stata tanto forte, così come l’attacco alla libertà di ironizzare su un fenomeno sociale senza doversi scusare o sentire in colpa. L’unico argomento su cui si può ancora scherzare in santa pace è se stessi. Ma, in un mondo impermeabi­le all’ironia, se ti dai del cretino c’è il rischio che ti prendano sul serio.

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