Minniti-Haftar, vertice «segreto» a Bengasi
Roma torna a mediare tra i due leader libici
Un summit molto riservato, quasi segreto, tanto che le prime informazioni a riguardo sono emerse solo ieri pomeriggio. Quello tra il ministro dell’Interno, Marco Minniti, e il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica. L’incontro a metà della settimana scorsa nell’ufficio-fortezza di Haftar all’aeroporto di Bengasi.
Marco Minniti ha incontrato il generale Khalifa Haftar a metà della settimana scorsa nell’ufficio-fortezza di quest’ultimo presso l’aeroporto di Bengasi. Un summit molto riservato, quasi segreto, tanto che le prime informazioni a riguardo sono emerse solo ieri pomeriggio a Bengasi e ripubblicate brevemente dal portale libico Al Wasat. Il ministro degli Interni italiano si è mosso rapido (dopo la tappa libica era in partenza per l’Algeria), ma era molto tempo che lavorava per poter parlare a quattr’occhi con l’uomo forte della Cirenaica che afferma di «controllare ormai oltre il 70 per cento del territorio libico», incluse molte delle rotte dei migranti in arrivo dall’Africa subsahariana e attraverso il cuore del deserto del Fezzan verso il Mediterraneo. La notizia è confermata in modo inequivocabile. «L’incontro è durato a lungo, forse oltre tre ore, in un’atmosfera molto cordiale, rilassata, e ha toccato temi fondamentali per la Libia, l’Italia e il contesto europeo. Ovviamente si è parlato di migranti, dei modi per fermare e regolare i flussi, del controllo dei confini libici, ma anche della situazione di frammentazione e caos che ancora domina sulla politica del Paese con il desiderio di consolidare un’unica autorità sovrana e centrale», raccontano al Corriere fonti presenti all’incontro.
In questo modo l’Italia torna a giocare quel ruolo di mediatore equidistante tra la Tripolitania e la Cirenaica che negli ultimi tempi sembrava aver lasciato alla nuova politica particolarmente aggressiva della Francia di Emmanuel Macron. È la prima volta che un imporaveva tante esponente del governo di Roma incontra personalmente Haftar. Sino a una settimana fa erano soprattutto i servizi segreti italiani a intrattenere rapporti stretti e continui con il generale, come lui stesso aveva dichiarato al Corriere. Il forte sostegno garantito invece dalla politica romana al premier del governo di unità nazionale a Tripoli, Fayez Sarraj (che pure è legittimato dalle Nazioni Unite), aveva generato malumori in Cirenaica. Tanto che lo scorso 6 maggio la visita a Tripoli di Angelino Alfano, non seguita da una tappa da Haftar, raccolto critiche e risentimenti tra Tobruk e Bengasi. Il summit Haftar-Sarraj mediato da Macron a Parigi il 25 luglio era così sembrato promuovere la Francia ad arbitro principale della partita libica. Ma la situazione è in realtà apparsa molto più sfumata dopo il successo dei patti bilaterali voluti fortemente da Minniti in prima persona con Sarraj e diverse municipalità e tribù libiche per frenare il traffico dei migranti. Per la prima volta i flussi dalla Libia sono oggi in netta decrescita. Al summit di Parigi del 28 agosto, con la presenza dei premier di Italia, Spagna, Germania, oltreché di Niger, Ciad e di Sarraj, lo stesso Macron ha pubblicamente sostenuto le mosse italiane.
Ma per tutti resta evidente la necessità di coinvolgere Haftar nelle scelte europee. «Ovvio
I temi «Si è parlato del caos in Libia e del desiderio di consolidare un’unica autorità sovrana» Prima volta È la prima volta che un importante esponente del governo di Roma incontra Haftar
che noi siamo stati avvisati del viaggio di Minniti a Bengasi. Del resto così hanno fatto negli ultimi giorni anche i ministri degli Esteri inglese e francese. Sono mosse nello spirito delle intese di Parigi», commentano i portavoce di Sarraj. Eppure, tra le due anime della politica libica la tensione resta alta. Le occasioni di crisi non mancano. Per esempio, solo due giorni fa Sarraj ha promosso a suo ministro degli Interni il capitano Faraj Gjiem, ex responsabile dei servizi dell’antiterrorismo sostenuto dal Parlamento di Tobruk. Questi però è un esponente della tribù degli Al Awaqir, che appoggiano Haftar. La nomina ha così creato una grave spaccatura interna nel campo del generale e spinto quest’ultimo a emanare un decreto che vieta ogni collaborazione con i rappresentanti del governo Sarraj.
(Ha collaborato Farid Adly)