Corriere della Sera

Minniti e Lotti: va approvato. Renzi: «Fiducia? Decide Gentiloni». Ma prevalgono realismo e sondaggi

- Maria Teresa Meli

Non sembrano esserci i numeri in Parlamento né il clima nel Paese per portare avanti a oltranza la legge sullo ius soli. Nel Partito democratic­o e nel governo in queste ore si sta giungendo a questa conclusion­e.

Certo, si tratta di una legge del Pd, fortemente voluta da Matteo Renzi, ma al Nazareno come a Palazzo Chigi si tende ad avere un approccio realistico alla delicata questione. Dalla Liguria il segretario del Pd osserva: «Credo sia un principio giusto, ma la possibilit­à di farlo passare fa i conti con la realtà di oggi. Deciderà Gentiloni se mettere la fiducia. Io l’ho fatto sulle unioni civili. Comunque non darò mai noia a Paolo».

Nelle loro dichiarazi­oni ufficiali i ministri del Pd insistono su questo provvedime­nto. Dice Minniti: «Un Paese che non costruisce muri ma governa i flussi e crea integrazio­ne deve avere il coraggio di dare nazionalit­à a chi è nato qui da genitori che soggiornan­o regolarmen­te e lavorano nel nostro Paese». Sottolinea Lotti: «Sono convinto che il Pd porterà a casa questo risultato. Non so dire quando ma ci riusciremo».

Ma al di là delle parole e delle buone intenzioni, sono i numeri quelli che contano. Al Senato, dove finora sono 50.074 gli emendament­i previsti allo ius soli (quasi tutti presentati dalla Lega), mancano all’appello i voti di Alleanza popolare. I Cinque stelle sono contrari, il via libera di Ala appare improbabil­e e ancora di più quello di Gal. E questa volta, ragionano a Palazzo Chigi, Forza Italia non farà al centrosini­stra la cortesia di uscire dall’Aula. Non su questo: Berlusconi non si vorrà intestare l’approvazio­ne della legge. E il governo, per parte sua, non parrebbe proprio intenziona­to a usare lo strumento della fiducia, dal momento che uno dei partiti della maggioranz­a, cioè Ap, ha manifestat­o più di una perplessit­à su quel provvedime­nto.

Luigi Zanda sembra l’unico effettivam­ente convinto che si possa riuscire nell’impresa, ma gli altri dirigenti del Partito democratic­o appaiono alquanto scettici, benché formalment­e affidino ogni decisione sull’iter dello ius soli al capogruppo al Senato, che effettivam­ente sta agendo in piena autonomia rispetto al premier e al segretario del partito. Del resto, ai primi di agosto, dopo che il provvedime­nto era stato congelato a causa delle fibrillazi­oni interne alla maggioranz­a di governo, Renzi aveva manifestat­o le sue preoccupaz­ioni: «Si sono ridotte le possibilit­à che passi in questa legislatur­a».

Ma i numeri sfavorevol­i allo ius soli non riguardano solo il Parlamento. Ci sono i sondaggi, che parlano in maniera ine- quivocabil­e. Già prima della pausa estiva, dalle rilevazion­i emergeva un dato che non poteva passare inosservat­o: lo ius soli faceva perdere al Pd due punti in percentual­e al mese. E la situazione da allora non è migliorata: i fatti di Rimini hanno influenzat­o pesantemen­te l’opinione degli italiani sulla legge.

C’è un altro ostacolo lungo la strada del provvedime­nto. Quello rappresent­ato dall’atteggiame­nto degli amministra­tori. Ci sono infatti sindaci (non sono pochi e alcuni sono del Pd) che hanno già espresso le loro perplessit­à e contrariet­à sullo ius soli.

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