Corriere della Sera

Tim Cook: difenderò i nostri sognatori

La lettera del numero uno di Apple. E Zuckerberg si unisce alla battaglia

- Paolo Ottolina

Sono tante le voci dei leader dell’industria americana che si levano contro lo stop ai dreamers. La Silicon Valley è schierata in modo chiaro contro il provvedime­nto di Trump: Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, parla di «giorno triste» e «decisione crudele».

Uno dei leader del fronte del no è Tim Cook. Il numero uno di Apple negli ultimi anni non ha esitato a schierare se stesso e la sua azienda nelle battaglie per i diritti civili. E ora, in una lettera ai dipendenti Apple, non diffusa ufficialme­nte ma che il Corriere è in grado di pubblicare, scrive: «L’America promette a tutti i suoi abitanti l’opportunit­à di realizzare i propri sogni attraverso il duro lavoro e la perseveran­za. In Apple aspiriamo ad essere parte della promessa che definisce l’America. Sono profondame­nte costernato per il fatto che 800 mila americani — tra cui più di 250 dei nostri collaborat­ori — possano presto ritrovarsi scacciati dall’unico Paese che abbiano mai chiamato a casa. Il provvedime­nto Daca riconosce che le persone che sono arrivate negli Stati Uniti da bambini non debbano essere punite per essere qui illegalmen­te. Permette a questi americani di andare a scuola, guadagnars­i da vivere, sostenere le loro famiglie, pagare le tasse e lavorare per realizzare i loro sogni come il resto di noi. Sono chiamati sognatori e, indipenden­temente da dove sono nati, meritano il nostro rispetto come pari. I loro sogni sono i nostri sogni».

La lettera di Cook prosegue aggiungend­o: «L’America è l’unica casa che abbiano mai conosciuto. Sono cresciuti nelle nostre città e hanno conseguito titoli di studio in tutto il Paese. Ora lavorano per Apple in 28 stati. Aiutano i clienti nei nostri negozi. Ingegneriz­zano i prodotti che la gente ama e stanno costruendo il futuro di Apple come parte dei nostri team di ricerca e sviluppo. Contribuis­cono alla nostra azienda, alla nostra economia e alle nostre comunità come voi e me. I loro sogni sono i nostri sogni».

L’ad Apple tende la mano alla politica («Voglio assicurarv­i che Apple collaborer­à con i membri del Congresso») e aggiunge che fornirà sostegno ai dipendenti e alle famiglie. Poi però chiede ai leader di Washington di «proteggere i dreamer in modo che il loro futuro non possa più essere messo a repentagli­o». Lo fa «a nome delle centinaia di dipendenti di Apple, il cui futuro è in gioco; a nome dei loro colleghi e dei milioni di persone in America che credono, come noi, nel potere dei sogni». Il finale è di speranza: «Nonostante questa battuta d’arresto per la nostra nazione, sono fiducioso che i valori americani prevarrann­o e continuere­mo la nostra tradizione di accogliere immigrati da tutti i Paesi». Però c’è anche la promessa che non arretrerà in questa battaglia: «Farò tutto il possibile per assicurare questo risultato».

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Leader Tim Cook, 56 anni, ad di Apple

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