Siria, Assad strappa all’Isis la città dei pozzi
Dopo 32 mesi di combattimenti la coalizione russo-sciita che sostiene il regime di Bashar Assad riesce a rompere l’assedio di Isis a Deir ezZor. Dalla «Ammiraglio Essen», una delle fregate che compongono la flotta russa nel Mediterraneo, sono stati anche sparati alcuni missili contro un paio di villaggi della zona dove sarebbero concentrati migliaia di volontari musulmani russi e delle repubbliche islamiche dell’ex Unione Sovietica. Così, una dopo l’altra cadono le maggiori città e zone urbane del Califfato a cavallo tra Siria e Iraq. Aleppo lo scorso dicembre, Mosul in luglio, Tal Afar in agosto, Raqqa sta per essere liberata dai curdi siriani sostenuti dagli americani: quello che 3 anni fa sembrava un «impero del male» in controllo di un territorio grande come l’Italia con oltre 7 milioni di abitanti è oggi ridotto ad una striscia di terra lungo la valle dell’Eufrate settentrionale. Isis perde ciò che più lo caratterizzava dai gruppi jihadisti del passato: la dimensione statuale. Tuttavia, i suoi volontari stanno disperdendosi in piccoli drappelli per il Medio Oriente e restano un grave pericolo anche per l’Europa. Le forze fedeli al regime di Damasco intanto festeggiano. Deir ez-Zor costituisce uno dei gangli vitali di Isis. Qui si trova gran parte dei pozzi petroliferi sotto il suo controllo. I suoi militanti vi hanno inviato le famiglie da quando è iniziata la battaglia di Raqqa in giugno. La sua posizione è strategica, domina la via di collegamento più importante verso le province dell’Iraq sunnita. Non a caso un manipolo di lealisti di Assad vi ha resistito per lungo tempo e tutt’ora la battaglia nel centro mette repentaglio l’esistenza di oltre 70 mila civili rimasti nelle proprie case.