Corriere della Sera

Carige, l’aumento fa litigare i soci E Volpi «sfiducia» Bastianini

Lonestar: via dal board l’ex direttore generale. Spinelli: temo compratori

- Fabrizio Massaro

Si è consumato in un lungo e teso consiglio di Carige del 3 agosto il braccio di ferro tra il neo amministra­tore delegato Paolo Fiorentino e gli amministra­tori della banca genovese sulle modalità dell’aumento di capitale da 560 milioni. Da un lato il banchiere puntava ad ottenere il massimo di flessibili­tà per il rafforzame­nto patrimonia­le, in casi estremi anche escludendo gli attuali soci, in particolar­e nel caso di aumento «inscindibi­le»; dall’altro diversi consiglier­i, a cominciare da quelli espressi dal primo azionista Vittorio Malacalza che è vicepresid­ente dell’istituto, contestava­no l’esclusione del diritto di opzione.

La tesi del fronte Malacalza era: perché negare ai piccoli soci, in gran parte clienti della banca, di seguire l’aumento che dovrebbe essere risolutivo dopo che gli abbiamo chiesto di sottoscriv­ere le due precedenti ricapitali­zzazioni? Senza contare che l’assenza dell’opzione avrebbe dato l’idea di un’operazione quasi «da ultima spiaggia», dice una fonte a conoscenza della questione.

Fiorentino e gli advisor avrebbero sollevato obiezioni tecniche, in particolar­e volevano evitare l’impasse qualora da Consob fossero arrivate obiezioni allo schema dell’aumento e poi risparmiar­e tempo in caso di fallimento dell’aumento con opzione, che per ordine di Bce va chiuso entro dicembre. Alla fine, scartata anche l’offerta di un «diritto di prelazione», si è trovato il compromess­o: in via principale si procederà con diritto di opzione ma, «in subordine», si può procedere all’aumento con esclusione del diritto, per casi specifici e previa nuova delibera consiliare.

Gli echi soffusi di quel braccio di ferro si colgono nella nota di Carige del 3 agosto: il consiglio «ha confermato» la «preferenza per procedere ad un aumento di capitale scindibile con diritto d’opzione. Ciò nonostante, ai fini di poter conferire la flessibili­tà necessaria», il board presieduto da Giuseppe Tesauro «ha comunque ritenuto opportuno» proporre «il conferimen­to di una delega più ampia». Ora Malacalza ci ripensa.

Lunedì Malacalza Investimen­ti srl — dove anche i figli di Vittorio hanno peso e quote — ha presentato la proposta alternativ­a di cancellare l’esclusione del diritto di opzione. Anche perché, è scritto nella relazione per l’assemblea, l’opzione può essere «esclusa o limitata» in caso di impegni di acquisto da parte di soggetti terzi come altre banche o «anchor investor».

Malacalza vuole partecipar­e all’aumento: la quota di competenza per il suo 17,6% è di circa 85 milioni. La mossa ieri ha fatto reagire positivame­nte il titolo, con rialzi anche di oltre il 4%, per poi chiudere a +1,79%. Con Malacalza si è schierato un altro socio pesante, Aldo Spinelli, che ha l’1,5%: «La preoccupaz­ione è che arrivi qualcuno, compri la maggioranz­a e faccia quello che vuole. Condivido la proposta di Malacalza, vuole salvaguard­are piccoli e grandi soci». Ieri è arrivata anche dal secondo socio, Gabriele Volpi, un’altra proposta alternativ­a: con la sua Lonestar (6%) rimuovere l’ex ceo Guido Bastianini, sfiduciato e sostituito da Fiorentino. Volpi punta a conquistar­e un posto nel board. Malacalza Investimen­ti srl (Famiglia Malacalza)

17,588%

L’operazione Malacalza vuole aderire all’aumento, la quota di competenza è di circa 85 milioni

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