Corriere della Sera

Jim Carrey: volevo distrugger­e la Hollywood di Eastwood

Documentar­io sul comico Andy Kaufman. «Ispirato da lui, prendevo di mira quelli come Clint»

- Valerio Cappelli

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

La faccia di gomma più folle del cinema americano cambia. Lo spiritello allegro di Jim Carrey lascia il posto alla sua metà oscura o misteriosa, il clown malinconic­o. «Questo documentar­io ripercorre il mio lavoro e l’influenza che un comico come Andy Kaufman ha avuto su di me. Ma c’è qualcosa di più sottile: ha a che fare con l’identità». Al Lido porta Jim & Andy: The Great Beyond.

Nel 1999 Milos Forman dà a Jim Carrey la parte di Andy Kaufman nel film biografico Man on the Moon. Jim «divenne» Andy e contempora­neamente Tony Clifton, alter ego di Kaufman. Ora Carrey si guarda allo specchio e scopre di vivere sulla stessa rotaia di Andy, morto di cancro nell’84. Due salmoni che nello showbiz nuotano controcorr­ente, con una potenza creativa devastante. Carrey si confessa, in un montaggio fra immagini del film e del backstage.

Jim, partiamo dal concetto di identità. «Era la prima volta che mi abbandonav­o alla vita di un altro, un impegno psicotico». Le analogie? «Veniamo da famiglie semplici, con problemi. Da ragazzi eravamo comici, ma a casa nostra facevamo imitazioni. Lui parlava agli alberi, aveva poteri che non tutti vedevano. Al pubblico diceva: “picchiatem­i”; esplodeva il femminismo e voleva fare wrestling con le donne. Gente così si ama o si odia. Forse lui era più violento ma io in uno sketch dissi bastardi e intravidi il mio manager bianco come un lenzuolo. Mi ha ispirato a fare cose pazze».

Jim come tutti i comici ha un lato misterioso. «C’è un mr Hyde dentro di me. A tratti prende il sopravvent­o e domina la mia esuberanza. Siamo ancore su una barca che non esiste, passiamo la nostra vita a cercare ancore». Dice che non esistiamo, siamo delle idee fuse insieme, e ci mettiamo sul collo una piastrina che si chiama vita. È attore «perché cercavo amore e attenzione, pensavo alla fama. Volevo distrugger­e Hollywood, non farne parte; prendere di mira attori come Clint Eastwood. L’onestà è sovversiva. Siamo a Venezia, nella città delle maschere: quasi tutti ne indossano una, se sei una persona autentica noti subito che gli altri le portano». È anche pittore. «La tavolozza cambia, se faccio film dipingo meno. Ho ritratto un soldato traumatizz­ato, piange, guarda da sotto la benda. Non so cosa significhi, poi ho dipinto una ballerina che impersonif­ica la grazia». È morto da poco Jerry Lewis... «Sono telepatica­mente collegato a lui: ieri mi sono detto, accendi la tv che c’è Jerry Lewis. Così è stato». Sembra che Jim faccia sempre se stesso, eppure ha un ego piccolo. «Un paradosso in cui mi ritrovo. Cosa succedereb­be se un giorno decidessi di essere Gesù? Io non mi vedo come uno che fa smorfie. Ho fatto The Mask, ma ogni mia maschera ha un’innocenza pre-egoica e un significat­o spirituale dietro il ridicolo. Non so se ho risposto, ma stavo producendo un suono e questo è importante». Jim Carrey, chiunque tu sia sei un genio.

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Maschera Il comico statuniten­se (nato in Canada) Jim Carrey, 55 anni, ieri a Venezia

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