L’ingorgo delle delegazioni
Nel Pd decide tutto Renzi, nel M5S Grillo e Casaleggio, in Forza Italia Berlusconi e nella Lega Salvini? La sinistra — che ha sempre criticato gli «uomini soli al comando» e i «partiti personali» — ieri ha plasticamente mostrato cosa intende: un tavolo, che inevitabilmente è risultato un po’ stretto, con attorno una ventina di persone, le due «delegazioni» di Mdp e Campo progressista. Una folla un po’ sproporzionata, in attesa di capire se, fuori dalla stanza, ci sono anche i voti. Al di là dei mugugni e dei dubbi che neanche il summit con 19 uomini e una donna spazza via del tutto, qualche elemento di concretezza comincia a emergere. Dopo mesi di tensione sul diverso grado di fedeltà a Gentiloni, si decide che Pisapia guiderà una delegazione a Palazzo Chigi per aprire «un confronto stringente con il governo». Se Mdp sembrava pronto allo strappo sulla legge di Bilancio, ora la mediazione prevede che si chieda «una svolta» su lavoro, scuola e sanità. Lo ius soli? «Imprescindibile». E la legge elettorale? «Irresponsabile» votare con due sistemi diversi.
Magari la chimica non è scattata e il volto del nuovo soggetto fatica a delinearsi, però Pisapia strappa l’impegno a seppellire le primarie, perché, ripete Massimiliano Smeriglio, «il leader è Giuliano senza se e senza ma». L’altra metà del tavolo incassa l’impegno scritto a costruire un centrosinistra «alternativo alle politiche sbagliate del Pd di Renzi». E non è poco per chi, come D’Alema, invoca «radicalità» per rosicchiar voti ai dem. L’ex premier lascia la sede di Mdp senza proferire parola («C’è il comunicato») dopo aver tranquillizzato a suo modo i compagni di strada, preoccupati dal diverso peso delle forze in vista del «grande momento di coinvolgimento popolare». È la prima pietra: un’assemblea costituente da celebrarsi in autunno, anche se la data non c’è. «Nessuno ha in mente di eleggere un soviet che schiaccia e mortifica, non siamo pazzi», rassicura D’Alema, cui era stato attribuito un certo zelo nel tesseramento: «Dobbiamo eleggere un’assemblea democratica che rappresenti i nostri militanti, ma anche tante altre forze con storie differenti, civiche e dell’associazionismo».
La rotta di Pisapia resta «né listone con il Pd né listino con
L’accordo Doppia intesa: niente primarie e impegno per un centrosinistra alternativo al Pd
Mdp». E la Sicilia? L’ira non gli è passata. Quando Arturo Scotto gli rimprovera di essere «sparito dai radar» tutta l’estate, l’avvocato va giù duro: «Avete deciso la linea senza farmi una telefonata». La nota congiunta informa che il coordinamento «Mdp-Cp» si riunirà «con regolare frequenza per dare concretezza agli impegni assunti».