Corriere della Sera

Per i dem si profila uno spettro: non riuscire ad approvare neppure una legge «simbolo»

I sondaggi: con lo ius soli il partito perderebbe 2 punti

- Maria Teresa Meli

Lo ius soli non diventerà legge in questa legislatur­a, a meno di un blitz (di cui si stanno studiando i contorni e che, ovviamente, prevede la fiducia) subito dopo l’approvazio­ne del Def o, più verosimilm­ente, della legge di Bilancio. Ma ci sono troppi problemi nella maggioranz­a. E anche nel Pd, problemi che si sono amplificat­i da quando i sondaggi stimano in un punto e mezzo, due punti in percentual­e la flessione che il partito avrebbe nel caso in cui mandasse in porto la legge.

Perciò al Nazareno si sta preparando il «Piano B»: fare dello ius soli, come ha annunciato il ministro Maurizio Martina, uno dei primi punti del programma elettorale.

Nel frattempo, Partito democratic­o e governo si rimpallano le responsabi­lità. Dal Nazareno, Renzi e tutti i massimi dirigenti del Pd dicono che tocca a Gentiloni mettere la fiducia e che loro si atterrano alle decisioni del premier: «Non creerò problemi a Paolo, io non accoltello alle spalle nessuno», ripete Renzi.

Da Palazzo Chigi, invece, fanno presente che si tratta di una legge parlamenta­re e che quindi se si vuole fare un tentativo, bene, Gentiloni è disposto («Avevo detto che in autunno ci avrei riprovato», ricorda il premier), ma il Pd deve essere unito e determinat­o, fanno notare a Palazzo Chigi, altrimenti non si verrà a capo di nulla.

Sia dal Nazareno che dallo staff di Gentiloni, comunque, negano dissidi: «Le divisioni a sinistra hanno sempre fatto vincere la destra», è l’opinione di Renzi. Il quale, non a caso dopo una dichiarazi­one di Delrio che definisce un atto di «paura grave» il dietrofron­t sullo ius soli fa trapelare che quello del ministro non è certo un attacco del Pd a Gentiloni e che non c’è lui dietro quelle affermazio­ni. Dopodiché a sera il segretario parla al telefono sia con Delrio che con il premier. «Unità, perché siamo una squadra», è il suo mantra. Il dissidio vero, semmai, sembra essere su un altro argomento: la riconferma o meno di Ignazio Visco alla guida di Bankitalia. Gentiloni segue la linea Mattarella che vuole lasciare Visco ai vertici di via Nazionale. Renzi, invece, non ha mai fatto mistero sui suoi dubbi circa la gestione degli ultimi anni di Bankitalia.

Ma lo ius soli non è l’unico provvedime­nto del Pd che rischia di non diventare legge dello Stato. Anche la proposta Richetti sui vitalizi si dà per persa. E questo desta preoccupaz­ione nel Pd, dove si teme che sui vitalizi i grillini faranno una parte della loro campagna elettorale contro il Partito democratic­o. Ma Luigi Zanda al Senato ha tirato il freno e in quel ramo del Parlamento i renziani non sono molti e non riescono proprio a sbloccare la legge. Con buona pace del segretario che continua a ripetere: «Non possiamo farci dare lezioni di moralità dai 5 stelle». L’unico vero spiraglio riguarda il pur delicato tema del testamento biologico. Adesso, quindi, per il Pd il problema diventa quello di trovare un modo per evitare che la mancata approvazio­ne di «provvedime­nti simbolo» per il mondo della sinistra diventi un boomerang. Tanto più che già si sa che se i grillini faranno campagna sui vitalizi, Mdp attaccherà il Pd perché non ha fatto passare lo ius soli. «Scissionis­ti e “5 stelle” non ci faranno sconti», è l’amaro commento di un dirigente di rango del Pd.

Eppure Renzi fa mostra di non nutrire troppa apprension­e: «La prima preoccupaz­ione degli italiani, stando a tutti i sondaggi — ha spiegato ai suoi — è il posto di lavoro. Per loro conta ancora più dei timori sul fenomeno dell’immigrazio­ne. È su quello che noi dobbiamo lavorare per far vedere i risultati ottenuti dal mio governo e da quello di Paolo. E non sto parlando solo del Jobs act e della diminuzion­e della disoccupaz­ione, ma anche dell’aumento della produzione industrial­e e degli altri dati positivi che indicano l’inizio della ripresa. Alle polemiche che ci saranno dovremo rispondere con i fatti concreti».

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Sorrisi Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni durante l’incontro di ieri a Palazzo Chigi con Tony Blair, primo ministro britannico dal 1997 al 2007, in visita a Roma

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