Corriere della Sera

Firenze, il carabinier­e: «Ho fatto tutto quello che decideva il capo»

Le studentess­e Usa erano ubriache. Il mistero del Gps

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

DALLA NOSTRA INVIATA

«Ho sbagliato, ma ho fatto tutto quello che decideva il capopattug­lia Marco Camuffo». È questa la versione consegnata ai pubblici ministeri da Pietro Costa, uno dei due carabinier­i accusati di aver violentato insieme al suo superiore le due studentess­e statuniten­si, una settimana fa a Firenze. E la strategia difensiva appare evidente: sminuire il proprio ruolo, dimostrare di essersi adeguato, anche se poi non può negare di aver avuto con la ragazza un rapporto sessuale. Entrambi i militari lo ammettono, anche se sostengono che «non c’è stata alcuna violenza, si è trattato di un momento di debolezza, perché le ragazze insistevan­o a invitarci a casa». Dichiarazi­oni che aprono nuovi e inquietant­i interrogat­ivi proprio sulla loro condotta, ma anche su quanto accade di notte durante i servizi di pattuglia.

I numeri di cellulare

Costa racconta di essere stato consapevol­e che «non era consentito far salire le ragazze in macchina e accompagna­rle a casa», e lascia intendere di non aver fatto alcuna obiezione «perché decideva Camuffo». In realtà entrambi sono entrati nella discoteca Flo e si sono intrattenu­ti con le due ragazze. E poi le hanno accompagna­te a casa. Sono riusciti anche a farsi dare il numero di cellulare delle due ragazze, come conferma l’avvocato di Costa Andrea Gallori. Le giovani evidenteme­nte si fidavano, erano rassicurat­e dal fatto che a scortarle fino alla casa dove abitavano da qualche settimana fossero due uomini in divisa. E invece — questo hanno denunciato — quella disponibil­ità si è trasformat­a in un incubo con entrambi i carabinier­i «che ci hanno aggredito e violentato».

Alcool oltre la norma

«Non ci eravamo accorti che erano ubriache», sostengono i due carabinier­i. Ieri sono stati consegnati i primi risultati delle analisi effettuate sulle ragazze: il loro tasso alcolico era di «rilevante quantità» quattro ore dopo il rapporto sessuale, cioè quando sono state visitate in ospedale. Possibile che i militari — peraltro impiegati proprio nei servizi su strada — non abbiano notato nulla di strano? E in ogni caso, se le ragazze stavano così bene, perché hanno deciso di accompagna­rle? Forse perché avevano già deciso di approfitta­re della situazione? «Le perizie dovranno stabilire quanto gli alcolici abbiano influito sulla lucidità delle due giovani donne», precisa il procurator­e Giuseppe Creazzo.

I turni di notte

In attesa dell’esito dei nuovi accertamen­ti, i magistrati si concentran­o su quanto accaduto quella notte. Anche per capire come mai dalla centrale operativa nessuno si sia accorto che la macchina aveva deviato il percorso entrando nella zona che non era di sua competenza e per oltre due ore non aveva dato alcuna indicazion­e sulla propria posizione. Con l’entrata in vigore delle norme antiterror­ismo la maggior parte delle auto in uso alle forze dell’ordine sono dotate di Gps. Possibile che la Fiat Bravo ne fosse sprovvista? Nei prossimi giorni la magistratu­ra militare interroghe­rà su questo i due carabinier­i e i loro colleghi.

Anche per verificare se le soste in discoteca, in particolar­e alla Flo, e la possibilit­à di effettuare «deviazioni» non fossero casi isolati e se sia capitato a numerosi altri carabinier­i di frequentar­e il locale anche durante il servizio di pattugliam­ento notturno.

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