Corriere della Sera

LA RICHIESTA POLACCA DEI DANNI DI GUERRA: MANICHEISM­O STORICO

- Di Paolo Valentino

Fanatismo morale, manicheism­o storico, de-europeizza­zione della politica nazionale. Difficile non condivider­e il giudizio di Piotr Buras, dello European Council on Foreign Relations, di fronte all’ennesimo tentativo del governo polacco di resuscitar­e l’annosa questione delle riparazion­i di guerra dalla Germania, per le perdite subite nel secondo conflitto mondiale. Sollevato in luglio da Jaroslaw Kaczynski, leader del partito di governo e uomo forte della Polonia, il tema è stato ripreso pochi giorni fa dal primo ministro Beata Szydlo, secondo cui il suo Paese «ha il diritto» di chiedere danni di guerra da Berlino. Lunedì, il servizio legale del Parlamento polacco (Bas) ha confermato che esistono basi giuridiche per la richiesta. Il Bas calcola il valore delle perdite subite dalla Polonia in 48 miliardi di dollari, a prezzi del 1939, ma non ha specificat­o a quanto ammontereb­be a quelli attuali. La possibilit­à che Varsavia riceva indennizzi da Berlino è prossima allo zero. Nel 1953 la Polonia, allora sotto il regime comunista, rinunciò a ogni futura rivendicaz­ione alle riparazion­i, dichiarazi­one confermata nel 2004 al momento dell’ingresso nella Ue. Il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, lo ha ricordato, pur riconoscen­do le responsabi­lità della Germania per gli «incredibil­i crimini» della Seconda guerra mondiale. Perché allora tanta insistenza? La retorica sulle riparazion­i è rivolta in primo luogo all’interno, dove Kaczynski da tempo insegue tutte le pulsioni nazionalis­te e cerca «vittorie morali», anche a scapito della riconcilia­zione con un partner fondamenta­le come la Germania. C’è poi il manicheism­o storico, che rifiuta di prendere atto delle complessit­à della storia: senza le rinunce del 1953 saremmo ripiombati negli errori di Versailles e del primo Dopoguerra, quando l’umiliazion­e della Germania contribuì all’ascesa di Hitler. Non ultima, c’è la progressiv­a deriva dall’Europa, che Kaczynski non accetta e non capisce, preferendo la piccola compagnia dei partner di Visegrad.

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