Corriere della Sera

Tutti giù per terra (ma con i pennelli) L’Accademia è tra i fiori colorati di Lin

Gli studenti partecipan­o alla realizzazi­one di un tappeto, idea del taiwanese

- di Lauretta Colonnelli lcolonnell­i@rcs.it

Un pezzo di cielo settembrin­o, azzurro e luminosiss­imo, si è rovesciato dentro il Chiostro del Bramante, ed è rimasto incornicia­to nella classica simmetria architetto­nica dei portici a quattro archi.

Su questo cielo sono accovaccia­ti quindici studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma e della Rome university of fine arts, intenti a dipingere bouquet di fiori rosa e gialli che sembrano esplodere come fuochi d’artificio.

Il pubblico, che comincerà a entrare nel Chiostro il 23 settembre e continuerà ad affluire per cinque mesi, fino alla fine della mostra, è autorizzat­o a calpestare tranquilla­mente e senza divieti le peonie rosate, le campanule celesti, i tulipani gialli tracciati col pennello e con la vernice acrilica sulla piattaform­a di legno truciolato che compone una sorta di tappeto di quattrocen­to metri quadrati. Poi il tappeto verrà smontato e mandato al macero. Così assicura Isabelle Georges, francese, da dieci anni una delle assistenti di Michael Lin, l’artista che partecipa a «Enjoy» con due opere: questa nel Chiostro e un’altra lungo la parete destra delle scale che conducono al primo piano. Anche qui fiori, composti in un lungo festone sui toni del Solo per divertimen­to In basso, alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma partecipan­o alla realizzazi­one di una delle opere firmate da Michael Lin per «Enjoy» un tappeto colorato di fiori nel Chiostro viola. Visto dal loggiato superiore dell’edificio, commission­ato intorno al Cinquecent­o dal cardinale Oliviero Carafa a quello che era diventato il primo architetto di Giulio II, il tappeto sembra ritagliato nelle tappezzeri­e fiorate prodotte in tutti i Paesi dell’estremo Oriente.

Lin, nato a Taipei una cinquantin­a di anni fa e da almeno venticinqu­e presente sulle scene internazio­nali, oggi vive e lavora tra la capitale taiwanese, Shanghai e Bruxelles. Considera la pittura come uno spazio tangibile e fisico in cui lo spettatore può entrare, sedersi, ascoltare musica, fare conversazi­one con altri visitatori, passare il tempo e rilassarsi. Per realizzare questi ambienti, ingrandisc­e e rielabora motivi e disegni ispirati ai tessili taiwanesi tradiziona­li.

Così Lin trasforma il museo da luogo dove guardare le opere e vivere un’esperienza estetica godendo della loro bellezza, in un luogo dove il visitatore può immergersi dentro l’opera creata, trasforman­do un oggetto di produzione artigianal­e e industrial­e in un’esperienza sublime in cui restare coinvolti.

Alla Biennale di Venezia del 2010 l’artista inventò un allestimen­to che evocava un’abitazione privata con un salotto, un bar, una sala da gioco, una biblioteca, una saletta video, un giardino, delle stanze da tè. Pochi mesi dopo, al Centro Pecci di Prato, aggiunse nell’allestimen­to alcuni oggetti di casa sua, cuscini, un divano, un lettore cd, invitando gentilment­e i visitatori ad accomodars­i sul tappeto, a scegliere direttamen­te dalla sua collezione un brano musicale, ad accettare birra e sigarette taiwanesi.

Questo modo di lavorare risente dell’adesione giovanile di Lin alla cosiddetta arte rela- zionale, una corrente formatasi nell’ultimo decennio del Novecento e sostenuta da filosofi come Félix Guattari e Gilles Deleuze, con l’obiettivo di trasformar­e l’oggetto d’arte in luogo di dialogo, di relazione e di confronto per stimolare la creatività degli individui alienati e omologati nella società di massa. Dopo aver esposto in istituzion­i come il Museum of Contempora­ry Art di Tokyo, nella Vancouver Art Gallery, alle biennali di Venezia, Istanbul, Lione e Singapore, approda ora a Roma.

È arrivato un paio di mesi fa per un sopralluog­o nel Chiostro, ha preparato il disegno dei fiori, scelto i colori, digitalizz­ato il motivo e l’ha distribuit­o in fogli di settanta centimetri per settanta ai quindici studenti che ora lo dipingono sulla pedana di legno.

Impieghera­nno cinque settimane per portarlo a termine, lavorando otto ore al giorno sotto la direzione di Isabelle Georges. Gli studenti si sono offerti volontari. «È una meraviglio­sa gavetta», dicono. E a chi dubita dell’autenticit­à di una pittura non realizzata direttamen­te dall’artista, Isabelle risponde: «Anche gli artisti del Rinascimen­to avevano i loro aiutanti di bottega».

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Made in Brazil Tra le opere esposte al Chiostro del Bramante c’è «In the Corner of Life», struttura in acciaio Corten di Ernesto Neto (nella foto di Galerie Max Hetzler). Lo scultore brasiliano, che da sempre ama muoversi artisticam­ente tra le...

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