Russi fuori dai Giochi senza prove di doping Bufera giudiziaria in arrivo su Cio e Wada
Dei 96 atleti esclusi da Rio, solo su uno ci sono certezze
«Dovete sapere che nei confronti di 95 dei 96 atleti russi esclusi per doping dai Giochi di Rio non abbiamo nessuna prova di colpevolezza». Mittente della mail: Oliver Niggli, direttore generale della Wada, l’Agenzia Mondiale Antidoping. Destinatari: i membri del consiglio direttivo, convocati il prossimo 24 settembre per esaminare un caso inedito e delicatissimo. Caso deflagrato ieri in anticipo: il New York Times ha intercettato un messaggio che mina la credibilità di tutto il sistema antidoping e di quel movimento olimpico che proprio ieri a Lima ha assegnato i Giochi del futuro.
Nel luglio 2016 il Cio, su indicazione della Wada, escluse d’autorità dai Giochi 96 atleti russi (di 9 discipline diverse) sostenendo il loro pesante coinvolgimento in fatti di doping pur in assenza di controlli positivi. Le prove, si disse, sono nel rapporto indipendente redatto dal professor Richard McLaren. In aggiunta all’esclusione collettiva dell’atletica (con cui si colpiva un intero sistema malato) vennero adottati in poche ore provvedimenti mirati, con ridotte possibilità di difesa per gli atleti costretti a rinunciare al sogno olimpico. «Dopo aver tradotto tutti i documenti in inglese — scrive adesso Niggli — abbiamo prove certe di doping per un solo atleta».
Proprio la settimana scorsa, tre oscuri ciclisti russi (Kirill Sveshnikov, Dmitry Strakhov e Dmitry Sokolov) avevano trascinato la Wada davanti a un tribunale canadese, sostenuti da un pool di avvocati a caccia di giustizia e smisurati risarcimenti. La loro storia è emblematica. I tre furono segnalati come «potenzialmente implicati nel doping» all’Unione Ciclistica Internazionale (Uci) il 28 luglio 2016, tre giorni prima dell’inizio dei Giochi. La mattina del 3 agosto l’Uci, esaminati i casi, comunicò al Cio di non avere elementi per poterli lasciare a casa: nessun controllo negativo, nessuna anomalia nei passaporti biologici. Il Cio rispose dopo due ore: i tre non gareggeranno, gli elementi li abbiamo noi e siamo noi a decidere. Sveshnikov, Strakhov e Sokolov si appellarono alla sezione ad discipline nelle quali avrebbero dovuto gareggiare i 96 russi esclusi