Corriere della Sera

Boeri: surreale cambiare le pensioni

- Di Federico Fubini

«Sui vitalizi i politici sono stati poco trasparent­i» dice al Corriere il presidente dell’Inps, Tito Boeri. «Bene gli sgravi per i neoassunti» mentre è «surreale cambiare le pensioni». Per gestire «l’Ape sociale devo impiegare 225 funzionari» .

Tito Boeri, presidente Inps, non vede nella sua carica un mandato a esercitare l’ipocrisia sui problemi italiani.

Presidente, si parla di sgravi contributi­vi ai giovani neoassunti. Che ne pensa?

«Sono efficaci se sono significat­ivi e visibili. E se vengono percepiti come duraturi, struttural­i. I tagli limitati o troppo complessi alla fine sprecano risorse». Dunque condivide l’impostazio­ne del governo?

«Mi pare corretto utilizzare tutte le risorse disponibil­i su questo fronte. In Italia abbiamo il problema del mercato del lavoro, in particolar­e dei giovani; dovremmo portare lì anche gli altri interventi. Se ad esempio vogliamo spingere le imprese a fare più investimen­ti sulle tecnologie di Industria 4.0, e abbiamo una dote per farlo, la potremmo usare all’interno del pacchetto lavoro». Come pensa di riuscirci?

«Troviamo un modo in cui le due misure, sgravi ai giovani e incentivi agli investimen­ti in tecnologie, si parlino: le imprese che investono in formazione, per esempio, possono aver diritto a una decontribu­zione più forte. È un modo di promuovere la complement­arietà fra lavoro e capitale, anziché spingere le imprese a sostituire il lavoro con i robot».

In Italia salari e stipendi sono legati all’anzianità e il costo del lavoro dei giovani è crollato con la crisi. Cambierà qualcosa riducendol­o ancora?

«Se si riesce a unire la decontribu­zione sui giovani neo-assunti al piano per rafforzare la competitiv­ità in impresa, ciò non può che incoraggia­re la formazione e la produttivi­tà. Questo a sua volta renderà i salari, in prospettiv­a, meno rigidament­e legati all’anzianità e più basati sulla produttivi­tà dei singoli». Dunque il passo successivo quale dovrebbe essere?

«Una riforma della contrattaz­ione».

Come seconda gamba del Jobs Act?

«È assolutame­nte necessario. E una revisione dei meccanismi della rappresent­anza. Non solo dei sindacati, anche dei datori di lavoro». Quale è l’obiettivo di questa secondo gamba del Jobs Act?

«Abbiamo dei giovani molto qualificat­i che hanno potenzialm­ente un mercato internazio­nale e in Italia sono pagati molto meno che altrove. Di qui la fuga all’estero. Dovremmo permettere che la contrattaz­ione valorizzi queste competenze e riduca il mismatch: abbiamo il record dei lavoratori sbagliati al posto sbagliato». Invece si punta alle pensioni di garanzia per chi ha il contributi­vo e a ridurre

i requisiti per le donne.

«Un dibattito surreale. E lo è proprio perché parte dalla presa d’atto che ci sono aree di enorme difficoltà sul mercato del lavoro per i giovani e per le donne. I problemi pensionist­ici nascono da qui. È una questione che si riverbera sulle pensioni future, certo, ma va affrontata oggi facilitand­o l’accesso al lavoro di questi giovani e delle donne. Bene che la legge di bilancio si impegni su questo obiettivo. Non per cambiare le regole pensionist­iche». L’Ape sociale rivista costerà molto?

«Per l’Inps, il costo amministra­tivo di gestire questo strumento è pari al lavoro a tempo pieno per un anno di 225 funzionari con laurea magistrale». E per il sistema?

«L’impatto del breve periodo è limitato, ma possono esserci effetti molto importanti a lungo andare. Noi all’Inps ci siamo impegnati a dare alla politica economica informazio­ni su ciò che accade al cosiddetto debito implicito, ossia agli impegni previdenzi­ali assunti dal sistema. Abbiamo trasmesso al governo le stime del debito implicito nei vari scenari. E faremo lo stesso con il parlamento, se queste opzioni entreranno nella Legge di bilancio». Di che cifre si tratta?

«Siamo vincolati alla riservatez­za». Vede aumenti del debito implicito? «Ci sono effetti importanti».

Teme che, pezzo a pezzo, si smonti la riforma Fornero?

«Mi preoccupa che continui ad aumentare il debito implicito, perché lo stiamo lasciando alle generazion­i future. Se poi facessimo operazioni come quelle del mancato adeguament­o dell’età di pensioname­nto alla speranza di vita, dopo aver venduto a tutti che abbiamo un sistema delle pensioni stabile... Aumentereb­be il premio al rischio Italia e ci toglierebb­e risorse per politiche per lo sviluppo, anche perché le banche sono imbottite di nostri titoli pubblici». Davvero si possono finanziare politiche sociali rivedendo i vitalizi?

«Fra parlamenta­ri e consiglier­i regionali, si possono trovare 150 milioni».

Da dove partirebbe?

«Dalla trasparenz­a: trovo davvero grave che il Parlamento non abbia reso pubbliche le cifre sui contributi versati dai diversi parlamenta­ri. Solo le Camere le hanno e non vengono date neanche all’Inps. Volessimo fare ricalcoli precisi sui contributi versati, non potremmo». Ma li avete chiesti quei dati?

«Sì, attraverso il ministero del Lavoro. Addirittur­a ci veniva chiesto di fare valutazion­i tecniche di proposte di ricalcolo dei vitalizi, come quella di Matteo Richetti (Pd, ndr), senza fornirci i dati per farlo. È grave perché impedisce all’opinione pubblica di capire se certe posizioni dei parlamenta­ri sono dettate da interesse personale». Che intende dire?

«Alcuni parlamenta­ri dicono: ‘Sono contrario al taglio dei vitalizi, anche se

non mi riguarda’. Bene, vogliamo capire se è vero? Se non ci fornite i dati non possiamo saperlo. Inoltre moltissimi di questi percettori di vitalizi ricevono anche una pensione Inps importante». Probabilme­nte viene dal lavoro svolto in altri momenti, no?

«Be’, in moltissimi casi negli stessi anni in cui quelle persone sedevano in un’assemblea elettiva, l’Inps accreditav­a per loro gli oneri contributi­vi figurativi per un’altra attività di lavoro. Quindi alcuni di loro godono di trattament­i molto importanti. Non sempre è vero che tagliando i vitalizi si lasciano le persone senza pensione. Spesso non è così».

Sulle pensioni di invalidità, la salute varia con la regione. La Calabria è nociva, il Veneto no... da certificat­i Inps.

«Oggi servono quattro visite per il riconoscim­ento dell’invalidità: medico di base, Azienda sanitaria locale, medico Inps, e in alcuni casi la visita specialist­ica. È un processo traumatico per chi ha un’invalidità. Grazie ad una convenzion­e è però possibile accentrare tutto all’Inps. L’obiettivo è alleggerir­e il peso per le famiglie, ridurre i tempi e avere valutazion­i più uniformi. Siamo pronti a sottoscriv­ere il patto con tutte le regioni. Partendo dalle disabilità dei minori, sui cui abbiamo già un protocollo sperimenta­le con i maggiori ospedali pediatrici: Gaslini, Meyer, Bambino Gesù».

Da questo mese l’Inps fa le visite mediche per malattia degli statali. Come sta andando?

«In dieci giorni abbiamo fatto 5 mila visite. In molti casi abbiamo riscontrat­o idoneità al lavoro».

L’Italia oggi vede nette revisioni al rialzo delle stime di crescita. Quanto è struttural­e questa ripresa?

«È bello rivedere tassi di crescita all’1,5% dopo anni. Ma non dimentichi­amo che siamo sotto la media Ue di mezzo punto, anche se prima lo eravamo di uno. L’economia italiana resta nettamente sotto ai suoi livelli del 2008, mentre l’Europa è nettamente sopra». Siamo di circa il 6% sotto, l’Europa in media di sei sopra.

«C’è un ritardo di 12 punti che si è accumulato, quindi un rimbalzo doveva arrivare. Ora la situazione bancaria è rasserenat­a, le imprese hanno molta più liquidità grazie a questo e alla Banca centrale europea. C’è stata una ripresa degli investimen­ti e l’aumento dei contratti stabili sostiene i consumi. Poi si fanno sentire il turismo e altri fattori. Questo ci dice che la parte struttural­e della ripresa è limitata e che i rischi di deragliame­nto sono sempre presenti. Evitiamo i messaggi sbagliati». Quali sono i messaggi sbagliati?

«Delle pensioni le ho già detto».

Bene gli sgravi per i neoassunti ma leghiamoli al piano industria 4.0

Per gestire l’Ape sociale devo impiegare 225 funzionari laureati a tempo pieno

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 ??  ?? Tito Boeri, 59 anni, economista e docente universita­rio, è professore di economia del lavoro e svolge le proprie attività di ricerca presso l’Igier dell’Università Bocconi. Dal dicembre 2014 è presidente dell’Inps
Tito Boeri, 59 anni, economista e docente universita­rio, è professore di economia del lavoro e svolge le proprie attività di ricerca presso l’Igier dell’Università Bocconi. Dal dicembre 2014 è presidente dell’Inps

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