Corriere della Sera

Gli accertamen­ti sulla fuga di notizie che svelò le telefonate tra l’ex premier e il generale Adinolfi

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rese dal procurator­e aggiunto Nunzio Fragliasso e dal procurator­e generale Luigi Riello, sono stati inviati alla Procura di Roma, che indaga su Scafarto per falso (ma anche su Woodcock per violazione di segreto) perché «meritevoli di un approfondi­mento».

Possibile movente

Il fatto che l’ex capitano del Noe abbia detto a Musti, quattro mesi prima di consegnare l’informativ­a e anche prima che fosse registrata la famosa frase «Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato» falsamente attribuita a Romeo («assume straordina­rio valore e consente di inchiodare alle sue responsabi­lità il Renzi Tiziano», scrisse Scafarto nel rapporto), potrebbe far immaginare che l’obiettivo dei carabinier­i fosse proprio il padre dell’ex premier. Come se fosse un possibile movente della successiva manipolazi­one dell’intercetta­zione. E chi volesse ipotizzare che quello fosse lo scopo dei falsi contestati a Scafarto (tra cui i presunti interessam­enti dei servizi segreti controllat­i dal presidente del Consiglio dell’epoca, Matteo Renzi), ora avrebbe un motivo in più per sostenerlo. Casualment­e proprio ieri, a proposito dell’indagine Consip su cui da tempo chiede di svelare tutti i retroscena, l’ex premier ha dichiarato: «Noi vogliamo la verità, non persone che appartengo­no all’Arma dei carabinier­i e si

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