LA SOLIDARIETÀ È UN BENE CHE STIMOLA L’OCCUPAZIONE
Caro direttore, con la pubblicazione dello statuto in Gazzetta Ufficiale la Fondazione Italia Sociale non è più soltanto un’idea. Dopo un lungo percorso legislativo, intrecciato con la riforma del Terzo settore, il progetto prende avvio. L’Italia avrà, per la prima volta, uno strumento simile a quanto esiste in altri Paesi, dove sollecitare l’uso di risorse private per affrontare problemi sociali è una priorità nazionale e non un compito affidato esclusivamente alla buona volontà dei singoli cittadini.
La filantropia in Italia non è un settore molto sviluppato. Ma non per mancanza di ricchezza finanziaria, bensì per l’incrocio tra una forte ideologia pubblicocentrica e il retaggio di una cultura che tende a preferire gli ambiti locali, da singola associazione, parrocchia, o quartiere. Una generosità popolare, che non ama le intermediazioni e si mobilita sui territori. Ma questa filantropia di prossimità ha dei limiti. La tacita ripartizione degli interventi nel sociale tra Stato e cittadini, il primo orientato ai problemi di grande scala e i secondi alla gestione di necessità locali, oggi mostra la corda. Funzionava in tempi di welfare espansivo e bilanci in crescita.
Questo schema è insufficiente invece ad affrontare situazioni in cui anche le soluzioni locali hanno bisogno di essere pensate in un quadro nazionale (ad esempio la gestione degli immigrati). E dove la complessità dei bisogni richiede innovative capacità che difficilmente possono maturare in contesti frammentati. Come nel caso della creazione di nuovi modelli di welfare in grado di integrarsi con l’intervento pubblico, da un lato, e il welfare aziendale, dall’altro. Un ambito nel quale c’è una grande domanda di nuove soluzioni, e in cui per il terzo settore si aprono ampi spazi di crescita, anche occupazionale.
Il problema è di incoraggiare
la ricerca di soluzioni ai maggiori problemi sociali del nostro tempo attingendo alle risorse della società stessa. Non nel nome di un’ideologica riduzione dello Stato ai minimi termini, ma per una visione progressista fondata sull’impegno per il bene comune come responsabilità di tutti. All’azione pubblica va aggiunto un supplemento di azione dei cittadini, aggregando le energie che emergono dal basso. Alla tradizionale filantropia di vicinato va affiancata una moderna filantropia di scala-Paese.
Questo significa sollecitare più risorse e più competenze. Mettere in campo strumenti nuovi per l’innovazione in campo sociale. Rafforzare la capacità organizzativa del terzo settore. Promuovere la collaborazione tra associazioni di volontariato e imprese sociali. Sostenere la valutazione dei risultati e degli impatti. Far crescere un’imprenditorialità non profit che metta al servizio del sociale il meglio della cultura gestionale e tecnologica del settore privato. Mobilitare la ricchezza degli italiani per scopi di pubblica utilità.
La Fondazione Italia Sociale è un tassello di questo disegno. È uno strumento in più, che mancava e ora si aggiunge a quelli esistenti. È un approccio che avvicina il nostro Paese alla realtà di altre esperienze internazionali, che ci hanno preceduto su questa strada. Perciò è motivo di soddisfazione, dopo averne promosso l’idea, vederne l’avvio. La Fondazione si occuperà di sostenere il Terzo settore con le risorse addizionali che servono a proporre soluzioni sempre più efficaci ai problemi sociali del Paese. Il modello è quello di un fondo strategico per il Paese, costituito con donazioni in prevalenza private. Per promuovere progetti d’impatto nazionale che richiedono ingenti risorse e si pongono obiettivi di lungo periodo. Senza finalità di lucro e senza obbligo di remunerare investitori. Un investimento civico, per il benessere sociale.
Non è l’iniziativa di pochi imprenditori-filantropi o di un ridotto gruppo di grandi imprese impegnate in programmi di responsabilità sociale. Non è un’invasione di campo della finanza nel sociale. È un progettoPaese, aperto a chiunque voglia impegnarsi. Intende agire con effetto moltiplicatore, promuovendo tra tutti i cittadini la raccolta di risorse da dedicare alla cura del bene comune. È una chiamata a ciascuno per contribuire alla soluzione di problemi che toccano tutti. Dal benessere collettivo dipende anche il benessere individuale. E non c’è crescita economica durevole senza sviluppo sociale. Sta qui il cuore di una nuova visione che ci faccia guardare al futuro con meno ansia.
Prospettiva Bisogna aggregare le energie dei cittadini per far fronte alle necessità collettive