VIOLENZA SULLE DONNE: AUMENTANO LE DENUNCE, LA GIUSTIZIA RISPONDA
La denuncia, l’indole violenta di lui, i segnali di allerta tutti accesi, la famiglia di lei presente e consapevole del rischio. Eppure ancora una volta non è bastato. Noemi è stata uccisa. Aveva 16 anni. L’hanno trovata con la testa sfondata a sassate, in un angolo di campagna non lontano da casa, il corpo seppellito da un cumulo di sassi. Ieri il capo della polizia Franco Gabrielli ha rivelato numeri che raccontano della violenza domestica nel nostro Paese. Scopriamo che dal 2011 al 2016 sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti in famiglia. Il che non vuol dire che si è diventati più violenti, ha premesso lui stesso, ma «significa che si sono create le basi per cui la vittima ha sempre più fiducia nel rendere manifesta la propria condizione». Spesso, spessissimo, la violenza si consuma in famiglia. Quindi ben venga quel 33% in più. A un patto, però: che ai fogli di carta bollata seguano fatti. E con fatti si intende tutto ciò che è possibile fare per scongiurare il peggio. Una donna o una famiglia che denuncia e decide (spesso dopo angosce inenarrabili) di uscire dal silenzio, ha bisogno di ascolto, di attenzione, di sapere se e come far fronte alla minaccia che ha davanti. E, ancora più importante, qualunque cosa si possa fare ha bisogno che si faccia alla svelta. Che i tempi della giustizia siano quelli della vita reale. La madre di Noemi aveva denunciato quel ragazzo che si era mostrato più volte violento con la figlia, incapace di staccarsi da una relazione che credeva fosse amore. Lui aveva alle spalle tre trattamenti sanitari obbligatori e problemi con la droga. Possibile che davanti al suo «curriculum» non sia stato possibile prendere nessun provvedimento? Ora il ministro della Giustizia Andrea Orlando manderà i suoi ispettori al tribunale dei minori di Lecce e il Csm ha chiesto l’apertura di una pratica sul caso. Ma Noemi è morta e per sua madre è solo questo che conta.