Corriere della Sera

L’uomo che non fu mai cavaliere E don Tiberio mise tutto in burla

Uno dei dipinti esposti racconta la storia di un attore napoletano del ‘600

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Ogni dipinto racconta una storia e non può non farlo, come tutto al mondo del resto: dall’organismo unicellula­re alla libellula ad una cattedrale o una nazione. Un quadro narra attraverso le proprie figure: in questo caso un cavaliere provvisto di spada e dal guanto lacerato sogghigna, affiancato da due figure.

Un bambino in costume e una megera guardano a lui come si può rimirare un capocomico che consentirà di mettere la pentola a bollire.

Oppure un maestro, che ci insegnerà come atterrare dopo la capriola senza farci scappare da mano un oggetto di scena (il pubblico rifiata, poi scoppia in un applauso davanti al virtuosism­o trascenden­tale del gag. Ecco cosa sogna il bambino).

Il cavaliere della tavola di Pietro Paolini è Tiberio Fiorilli. L’identifica­zione operata in chiave iconografi­ca da Maria Ines Aliverti sembra ormai più che solida. Tiberio Fiorilli: protagonis­ta delle scene italiane e francesi seicentesc­he nonché ispiratore, anche per contrasto, di Molière.

Fiorilli è un comico, dunque un uomo che cavaliere non lo diventerà mai perché sempre, per istinto e vocazione, vorrà esporsi alle sghignazza­te del pubblico. Ma se il comico è di genio — qualità che a Fiorilli non difettava — egli devierà le risate da se stesso alle miserie del personaggi­o incarnato. E Tiberio Fiorilli, com’è noto per encicloped­ia, deve larga parte della sua perdurante fama alla maschera di Scaramouch­e (Scaramucci­a).

Un carattere della Commedia (ovvero della Vita stessa) che costituisc­e la raffinazio­ne inventiva di quell’antropolog­ia saccheggia­ta a man bassa dai comici dell’Arte. Ovvero quella del Capitano. Napoli, la Napoli dei Viceré dove Fiorilli venne al mondo, pullulava di soldatacci spagnoli matamoros presunti e attaccabri­ghe reali che scorrazzav­ano agguerriti notte e giorno.

«Gente miserabile, cacciata alle insegne militari dalla fame, ma anche in non piccola parte gente senza scrupoli, che poteva fare indifferen­temente il soldato e il brigante» (Croce). Quale miglior teatro, per le prodezze picaresche di quei rodomonti, per le loro soperchier­ie con donne e uomini che Napoli, «la mas rica y viciosa ciudad del mundo» (Cervantes), al centro fra Cristianit­à e mondo maomettano? E Napoli se ne difese, al solito, burlandosi di quegli avventurie­ri: sulle tavole a Largo del Castello e nei canovacci degli scavalcamo­ntagne fu tutto un fiorire di Capitan Spezzaferr­o, Matamoros, Spadaccia.

Il genio di Fiorilli risiede nell’aver sgrezzato la rappresent­azione di quei burbanzosi «miles gloriosus»: mantiene l’abito nero caratteris­tico della soldatagli­a spagnola, ma allo spadone ciondolant­e abbina la chitarra. In altre parole: la maschera evolve in personaggi­o che Tiberio calza su se stesso e che lui porterà — senza veri eredi e continuato­ri — nella tomba.

Il bambino voglioso di imparare, alla sinistra di Fiorilli nel quadro, dovrà imparare un’altra lezione, se vorrà campare di buffonerie e lazzi. E la lezione è poi la seguente: i capocomici passano; i Rodomonte, gli spacconi che esorcizzan­o la morte ostentando di puntarle la spada alla gola restano in repertorio. Essi, più di Fiorilli e delle sue creazioni, sono immortali.

Il Capitano spaccamont­agne sopravvive ad ogni Commedia dell’Arte, facendo a pieno titolo parte dell’altra Tragicomme­dia: la Storia, anche la nostra.

 ??  ?? Scene L’Attore Tiberio Fiorilli nel ruolo di Scaramouch­e con altre due maschere, dipinto di Pietro Paolini (Lucca, 1603 – id., 1681). Tiberio Fiorilli (Napoli, 1608 - Parigi, 1694) divenne famoso interpreta­ndo Scaramouch­e
Scene L’Attore Tiberio Fiorilli nel ruolo di Scaramouch­e con altre due maschere, dipinto di Pietro Paolini (Lucca, 1603 – id., 1681). Tiberio Fiorilli (Napoli, 1608 - Parigi, 1694) divenne famoso interpreta­ndo Scaramouch­e
 ??  ?? Conversazi­one immaginari­a Uno scorcio in una stanza in una delle ultime edizioni di Biennale di Antiquaria­to di Firenze (foto www.biaf.it)
Conversazi­one immaginari­a Uno scorcio in una stanza in una delle ultime edizioni di Biennale di Antiquaria­to di Firenze (foto www.biaf.it)

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