Corriere della Sera

I VELENI DI TROPPO

- Di Massimo Franco

L’inchiesta Consip somiglia sempre più a una cornucopia inesauribi­le di veleni. L’aspetto più sconcertan­te, però, è che stavolta i riflettori non si accendono sulle presunte malefatte della nomenklatu­ra politica. Lo spettacolo illumina in primo luogo il comportame­nto reprensibi­le di alcuni degli inquirenti: rasoiate verbali che fanno impallidir­e le risse alle quali ci hanno abituato i partiti. A imporsi sulla scena è un intreccio di accuse infamanti tra pezzi dello Stato: complicità con indagati, falsificaz­ione delle prove, e tentativi di colpire Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio. Si leggono dichiarazi­oni virgoletta­te che lasciano la sensazione amara di un’irresponsa­bilità senza argini; e di una situazione che è difficile non definire fuori controllo. Verrebbe da dire: qualcuno ordini a queste persone di fermarsi immediatam­ente e di tornare nei ranghi. Se non si rendono conto del ruolo delicato che ricoprono, e dell’immagine deteriore che stanno trasmetten­do, occorrereb­be richiamarl­i almeno al rispetto di se stessi. Il problema è che non è chiaro chi sia in grado di farlo in questo momento. Ma così rischia di passare in secondo piano il fatto che a scoprire e denunciare le irregolari­tà e le distorsion­i dell’inchiesta siano stati altri giudici e altri esponenti delle forze dell’ordine.

Il ministro Dario Franceschi­ni parla di fatti «di una gravità istituzion­ale enorme». Il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, usa la parola «complotto». E arriva a ipotizzare che il piano possa avere coinvolto «organi dello Stato, volto a rovesciare istituzion­i democratic­amente elette... In altri tempi si sarebbe parlato di eversione». Ma la novità è che tutto si svolge sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Lo scontro avviene alla luce di un sole malato: quasi si trattasse di una di quelle trasmissio­ni tv definite «spazzatura», nelle quali si mettono in piazza le proprie beghe. Di più: le si esagera con dettagli scabrosi, che mirano a scandalizz­are per fare audience.

Il problema è che qui i litiganti sono servitori dello Stato, teoricamen­te chiamati al riserbo e a restare in un cono d’ombra; e che le indagini riguardano il padre di un ex premier, ministri in carica, magistrati, servizi segreti, manager pubblici, e vertici dell’Arma dei carabinier­i. Registrare la virulenza di un colloquio tra un procurator­e e un ufficiale dei carabinier­i su queste inchieste minaccia di gettare discredito su gangli vitali degli apparati dello Stato; e di accomunarl­i nel giudizio negativo su quella «classe politica» liquidata sempre, a volte sbrigativa­mente, come quasi unica responsabi­le di un’Italia inquinata.

Per paradosso, i miasmi delle indagini su Consip, centrale

acquisti della Pubblica amministra­zione, stanno mostrando almeno alcuni politici nei panni inediti e contraddit­tori di sospettati e vittime. Tra l’altro, sono tossine che emergono proprio nei giorni in cui, dopo nove anni, a Napoli viene assolto da tutte le accuse l’ex ministro Clemente Mastella. E a Venezia un altro ex ministro viene condannato, Altero Mattioli, ma l’ex sindaco Giorgio Orsoni è scagionato da ogni imputazion­e. Il segretario del Pd, Renzi, rilancia con forza la tesi che tutta l’inchiesta Consip sia stata messa in piedi per

gettargli fango addosso: sebbene non voglia usare la parola «complotto».

Di certo, le ultime rivelazion­i puntellano i suoi sospetti. E promettono di indebolire l’intera impalcatur­a di un lavoro nel quale in realtà ci sono ancora una verità da trovare e punti oscuri da chiarire: dalla fuga di notizie che ha permesso di rimuovere alcune microspie, bruciando di fatto l’inchiesta e dirottando le indagini su personaggi eccellenti; agli intrecci opachi tra cordate di affaristi, tutti da decifrare. Le incognite più inquietant­i non riguardano il destino politico e giudiziari­o degli esponenti politici che sono implicati in questa brutta storia, o ne sono lambiti. Quanto sta succedendo impone domande radicali sulla tenuta dello «Stato profondo» in Italia.

Va chiarito se le prove falsi- ficate e gli scontri tra apparati statali siano un fenomeno circoscrit­to a poche persone e a qualche scheggia isolata; o se segnalino un’operazione più ramificata e comportame­nti più diffusi. Altrimenti, crescerà il sospetto che questi anni non abbiano solo portato una lunga crisi economica e un abbassamen­to del livello della classe politica. Il tarlo da eliminare è che si sia prodotto un logorament­o del senso dello Stato anche in istituzion­i da sempre considerat­e di tutti. È un dubbio che va fugato al più presto: prima che nel Paese si sedimenti un pregiudizi­o perfino più rischioso di qualunque ondata estremisti­ca contro il sistema politico.

Si avverte un’esigenza di stabilità e di chiarezza che va molto oltre quella del governo. E più in profondità.

Protagonis­ti Magistrati e ufficiali dei carabinier­i si accusano di cose infamanti

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