Vini d’Italia
vendemmia 2015 che ci può far vincere le grandi sfide con i rossi francesi». Questo vino nato nel 1999, aveva già sfiorato la vittoria del Biwa nel 2013 (terzo posto) e nel 2014 (secondo). Sono stati gli americani di Wine Spectator a lanciarlo, inserendolo tra i migliori 5 al mondo (annata 2003). Negli anni è cambiato: resta il Merlot, mentre il Sangiovese è stato sostituito da Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Questa edizione del premio ideato dal campione dei sommelier Luca Gardini e dal critico Andrea Grignaffini, conferma la supremazia piemontese: 13 i vini in classifica, contro i 10 toscani. Il Barolo di Elvio Cogno si piazza al 4° posto, davanti a una superstar di Montalcino, il Brunello Tenuta Nuova di Casanova di Neri del vignaiolo Giacomo, vincitore nel 2016. La sorpresa sono i vini di montagna. Ha conquistato la medaglia d’argento (come la sua etichetta) il dolomitico Terlaner Rarity 1991, 25 anni di affinamento. Subito dopo c’è il raffinato Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2006 della famiglia Lunelli. Il Trentino e l’Alto Adige piantano 5 bandierine, una la Val d’Aosta con il Nathan di Ermes Pavese. E dalle alture arriva il lombardo Sassella Rocce Rosse di Arpepe, il Nebbiolo delle Alpi. È l’anno del debutto del Sangiovese di Romagna, con il Torre San Martino di Maurizio Costa. «L’Emilia Romagna, anche con vini dolci e bollicine, è la vera sorpresa del 2017», commenta Gardini. Tra i 50, la pattuglia che ha accompagnato la rinascita enoica d’Italia: il Sassicaia di Tenuta San Guido (7° posto), il Brunello di Biondi Santi (16°), il San Leonardo dell’omonima tenuta (40°), il Turriga di Argiolas (41°) e il Vintage Tunina di Jermann (49°). Con alcuni fuoriclasse come il Trebbiano di Valentini (9°). E il Barolo Monprivato di Mauro Mascarello, che viene dalla regione del nonno di Papa Bergoglio, un vignaiolo.