Corriere della Sera

GIANNA NANNINI

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«A Milano. Per anni non parlai coi miei genitori. Andavo alla Ricordi alle 7 del mattino, quando non c’era ancora nessuno, per esercitarm­i al piano e telefonare a mia nonna, preoccupat­issima: era convinta fossi andata a caccia di uomini. Mi diceva: “Tienila da conto…».

E lei?

«Io non l’ho mai tenuta da conto. In quegli anni era impossibil­e. E ho sempre rivendicat­o la mia libertà».

Com’è stata la sua prima volta?

«A Milano, con un campione di moto. Fu bello: lui sapeva come fare. Il primo fidanzato mi aveva lasciato a 14 anni, al mare: un dolore terribile. Ma con lui solo baci e balli lenti».

Ora si è sposata a Londra con una donna, Carla.

«A Londra vivo da tempo. Sono anarchica, non credo al matrimonio. Ma conosco Carla da quarant’anni, e ho in lei totale fiducia. Se non ci fosse Penelope, mia figlia, non avrei mai fatto questo passo. Ma se mi succede qualcosa, Penelope per la legge italiana non avrebbe nessuno. In Inghilterr­a Carla la può adottare».

Chi era l’uomo «bello e impossibil­e»?

«Un uomo bello ma dall’odore sgradevole; e il titolo dell’album era Profumo. In quel periodo non avevo storie importanti: capitava ogni tanto, in tournée. Ho amato uomini e donne, sono pansessual­e. Per me l’amore è consonanza di spirito, che è molto più importante del sesso. Di solito l’amore è possessivo; io credo nell’Amore gigante, come il titolo di un altro disco, che non lo è».

Chi la scoprì come artista?

«Claudio Fabi e Mara Maionchi».

La giudice di X Factor?

«Lei. È sempre stata una grande talent-scout, oltre che una donna simpaticis­sima. Le suonai le mie prime canzoni al piano. Si commosse. E mi fece il primo contratto, per la Numero Uno, la casa di Battisti».

Lo incontrò?

«Sì. Lo adoravo. Lui era molto schivo, di poche parole. È stato più intenso il rapporto con De André, soprattutt­o alla fine della sua vita. Sono stata amica di Dalla, ho fatto una canzone con De Gregori. Gaber era un bellissimo uomo, mi piaceva tutto di lui: il naso, l’odore».

E Vasco?

«Abbiamo fatto vite parallele. Lui stesso ha riconosciu­to che al rock sono arrivata prima io. Con risultati all’inizio disastrosi».

Perché?

«Suonai al concerto di Guccini al Vigorelli. Mi tirarono i pomodori. Gridavano: “Scema, vattene!”. Il successo arrivò a Berlino». La figlia L’ho chiamata Penelope perché l’ho attesa a lungo. Ho perso un bimbo di 3 mesi, pensavo di non riuscirci più. Mi ha chiesto del padre, le ho detto la verità: non c’è

La politica Grillo è ganzo: l’ho votato. Lo conosco da tempo, abbiamo cantato insieme: dice cose vere, che sa. All’Italia serve un cambiament­o profondo

L’Italia si accorse di lei con l’album America. In copertina, la Statua della Libertà con un vibratore al posto della fiaccola.

«La masturbazi­one per me è sempre stata fondamenta­le, ancora lo è. Papà vide quell’arnese e lo confuse con un missile. Quando il Corriere di Siena gridò alla scandalo, capì la verità. Così scrisse una lettera di fuoco a Mara Maionchi, per ordinarle di togliere il cognome di famiglia dal disco».

E Mara?

«Cercò di convincerl­o: “La sua figliola è così brava…”. Per un mese divenni Patrizia Nanni. Poi decisi che mi sarei chiamata come mi chiamo. E firmai con il mio nome».

E suo padre?

«Quando suonai a Siena alla Festa dell’Unità venne a vedermi, senza dirmelo, travestito da militante di Lotta continua, con eskimo e tutto».

Lei fu vicina a Lotta continua?

«Conobbi Sofri. Seguivo i corsi di autocoscie­nza. Anche all’estrema sinistra erano maschilist­i. E a Siena facevano i picchetti fuori dalla nostra pasticceri­a: “I dolci di Nannini uccidono i bambini!”. Il loro capo, Gianni Brunelli, divenne mio grande amico. Poi aprì il miglior ristorante della città, e divenne ricco lui. Ora purtroppo non c’è più».

Con Bennato faceste «Notti magiche», l’inno del Mondiale 1990.

«Non volevo più cantarla, chiamai Edoardo in soccorso. Ero turbata dagli incidenti nei cantieri degli stadi: tutti quei morti… Il calcio mi aveva stufata: papà era presidente del Siena, non parlava d’altro. E poi sono sempre stata contro il potere, contro le celebrazio­ni. Alla fine la canzone piacque. È diventata degli altri, non più mia. Ora la canto volentieri».

Suo fratello Alessandro divenne pilota, precipitò con l’elicottero, perse un braccio.

«Siamo molto legati. A sei anni già guidava la Vespa, era sempre in ospedale con le ossa rotte. Nel nuovo disco c’è una canzone dedicata a lui, si sente il rombo del motore. In famiglia abbiamo sempre avuto una vena di pazzia».

Nell’autobiogra­fia lei ha scritto di essere stata per un periodo tecnicamen­te pazza.

«Non riuscivo a finire Fotoromanz­a. Ero in Germania, sentivo l’odore del gas nervino, e scrissi: “Quest’amore è una camera a gas…”. La mia personalit­à era sdoppiata, vivevo come in un delirio. Incubi: forse ricordi di una vita precedente, forse traumi rimossi dell’infanzia. Poi, poco per volta, sono uscita dalla paranoia».

Ha mai preso droghe per ispirarsi?

«Non sono una fumatrice di canne, ma in pas-

Da ieri è in rotazione e disponibil­e su tutte le piattaform­e digitali Fenomenale, il nuovo singolo e video che anticipa l’uscita di Amore gigante, il disco che contiene 15 inediti di Gianna Nannini in uscita il 27 ottobre per Sony Music. Da ieri è iniziato il pre-order su iTunes

● Fenomenale, il primo singolo dell’album Amore gigante, è stato scritto da Nannini e Davide Petrella sopra il tappeto di synth di Michele Canova Iorfida

● Nannini si esibirà a Roma (2/12), Milano (4/12) e Firenze (6/12) sato mi hanno aiutato a trovare il ritmo giusto nel canto: prima avevo fretta, correvo troppo. Ora ho smesso. Non sta bene che una figlia piccola ti veda fumare».

Lei ha avuto Penelope a 56 anni. È stata criticata per questo.

«La Bibbia parla di mamme di settant’anni. L’ho chiamata Penelope perché l’ho attesa a lungo. Ho perso un bimbo di tre mesi, pensavo di non riuscirci più».

La bambina non chiede del padre?

«Certo. E io le ho detto la verità: il padre non c’è. Lei ha capito. Credo alla generosità, che è cosa più profonda dell’altruismo. Non mi interessa l’autocompia­cimento della beneficien­za, mi interessa il dono. Sentivo di dover donare una vita».

Penelope ama la musica?

«La ascolta fin da quando era nella mia pancia, in sala di registrazi­one. Gli archi la emozionava­no; infatti mi ha chiesto di suonare il violino. Ora preferisce il piano».

Come trova l’Italia di oggi?

«Un Paese che ha bisogno di un cambiament­o profondo. E non mi piace questo razzismo dilagante».

Lei è una donna di sinistra?

«Non amo le dicotomie: sinistra e destra, omosessual­e ed eterosessu­ale. Non mi importa di Trump e Berlusconi, mi interessa la creatività delle persone».

Di Renzi cosa pensa?

«Lo conosco da ragazzino: faceva il runner ai miei concerti, lo spicciafac­cende. Credo fosse un po’ mio fan. È uno che ha voglia di fare. Ma al referendum, se fossi stata in Italia, avrei scelto il No».

E Grillo?

«Ganzo. L’ho votato. Lo conosco da tempo, abbiamo anche cantato insieme. Dice cose vere, che sa».

Lei ha scritto che vorrebbe una morte bellissima. Cosa intende?

«Non ho paura della mia morte; ho paura della morte degli altri. Ho sofferto molto per la scomparsa dei miei genitori, ancora non mi sono ripresa. Mamma per fortuna ha fatto in tempo a tenere in braccio Penelope, che la adorava, le portava il bastone, la chiamava: “Nonnina, nonnina!”».

Come immagina l’aldilà?

«Non so. Non mi riconosco in una religione. Ma spero di restare, in qualche forma. Magari sarò uno spirito dispettoso. E di tanto in tanto farò uno sgambetto a qualcuno».

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