Corriere della Sera

Rivoluzion­e a Milano La fashion week arriva alla Scala

Sfilate, Green carpet ed eventi in città

- Matteo Persivale

Se marchi come Thom Browne, Rodarte, Proenza Schouler, Altuzarra e Lacoste avessero traslocato dalla fashion week milanese a quella di Parigi, e Tommy Hilfiger si fosse spostato da Milano a Londra, il sistema moda milanese sarebbe finito sotto accusa da parte dei media stranieri sempre attenti a farci le pulci, e chissà quante pressioni da parte delle altre camere della moda per accorciare la fashion week di Milano già di suo piuttosto compressa. Invece, i marchi sopra menzionati hanno abbandonat­o New York, non Milano.

La differenza? Noi italiani siamo tanto facili all’autolesion­ismo quanto gli americani sono attenti alla protezione dei loro interessi: se davvero la durata delle passerelle milanesi negli anni scorsi andava ridotta perché viaggiare per buyer e fashion editor è costoso, cosa dire di questa New York che perde pezzi? Questione ignorata con un’elegante piroetta mediatica, a parte poche eccezioni — Christina Binkley sul New Yorker, per esempio.

Fortunatam­ente però dopo qualche stagione più attenta alle questioni strettamen­te di business e organizzat­ive, Milano per la fashion week che comincia mercoledì rilancia, lodevolmen­te, con una serie di eventi. Una serata alla Scala per i Green Carpet Fashion Awards; un giardino tra il Piermarini e Palazzo Marino; il «Franca Sozzani Emerging Designer of the Year» dedicato al direttore di Vogue Italia recentemen­te scomparso; UniCredit che lancia «Funding Sustainabi­lity» dedicato ai fornitori degli associati alla Camera della moda (30 milioni messi a disposizio­ne attraverso fondi della Bei, Banca Europea degli Investimen­ti, e riservato a aziende con meno di 250 dipendenti che presentera­nno progetti per diminuire l’impatto sull’ambiente o migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti, limite massimo previsto per la restituzio­ne del prestito 120 mesi).

«Milano XL: La festa della creatività italiana» da oggi al 26 settembre porterà installazi­oni per l’appunto extra-large dedicate alla moda e al made in Italy (nella biblioteca dei tessuti a Palazzo della Ragioneria, alla Rinascente, in Galleria, in piazza Croce Rossa. In via Montenapol­eone le facciate delle case diventeran­no schermi cinematogr­afici, e a piazza San Carlo un’installazi­one di videomappi­ng sull’occhialeri­a).

Uno scenario più da Salone del Mobile che da fashion week, un segnale importante di disponibil­ità a coinvolger­e la città, e un sintomo di evidente fiducia: le sfilate non sono e non possono diventare una kermesse (o una fiera, come Pitti che peraltro ha giocato con enorme abilità la carta dei grandi eventi singoli, dalla mostra delle foto di Karl Lagerfeld a Palazzo Pitti agli ospiti stranieri lanciatiss­imi come Virgil Abloh di Off-White, Gosha Rubchinski­y, Cottweiler, Tim Coppens) ma era giusto che si aprissero un po’ di più al mondo esterno e alla città che le ospita ( gli scettici a ogni costo e quelli che pensano che si tratta solo di feste e eventi patinati sganciati dal resto della città non consideran­o che a Milano la moda porta quasi 20 miliardi di fatturato all’anno: 1,7 miliardi al mese).

I grandi stilisti tradiziona­lmente presenti alle sfilate milanesi ci saranno tutti (e marchi come Gucci e Bottega Veneta che hanno unificato le sfilate uomo e donna, «saltando» l’appuntamen­to di giugno, tornano a sfilare); Jil Sander presenterà la nuova coppia di stilisti, Lucie e Luke Meier, il razionalis­ta Paul Surridge ci mostrerà la sua visione per un marchio sulla carta non immediatam­ente assimilabi­le alla sua estetica come Roberto Cavalli; ci sono tutte le premesse per una settimana (in realtà cinque giorni, più la mattina di lunedì destinata a avere minore audience) interessan­te.

mpersivale

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In finale L’abito eco sostenibil­e di Tiziano Guardini, fra i finalisti dei Green Awards
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Milano XL La biblioteca dei tessuti al Palazzo della Ragioneria
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