Il designer-demiurgo «Nell’argilla o nell’argento la mia ode all’artigianato»
Il sudafricano Jenner, stella al Festival di Londra «Ma per valorizzare la storia uso il laser e il 3D»
vedere questo quasi cinquantenne dall’aspetto di un ragazzo, parlantina velocissima e smartphone a costante portata di sguardo, sembra quasi impossibile immaginarlo autore di oggetti che emanano un che di arcaico, eppure spiazzanti nella loro attualità: materiali classici, lavorazioni da cui si intuisce la mano dell’uomo, ma trasposte in forme azzardate, a volte quasi estreme, proiettate con decisione nel futuro.
Il designer Christopher Jenner, sudafricano di origini inglesi, è alle battute finali della presentazione della Epicurean Collection (lunedì prossimo, al London Design Festival, nel ricercato negozio di oggetti per la tavola Thomas Goode), argenti contemporanei realizzati da uno dei marchi più storici in Europa. «Mi sono innamorato di E&Co vedendo la loro fabbrica a Sheffield: tutto sembra rimasto come allora, quasi duecento anni fa», racconta Jenner della manifattura, fondata nel 1824 come Elkington & Co e rinata con la sua art direction. «Dopo essere stata fornitrice per il Titanic, dei trofei di Wimbledon e di molte case reali, era caduta nell’oblio. Occorreva capire come rendere attuali le loro lavorazioni per togliere al materiale quella patina classica che lo rendeva poco attraente, oggi».
Punto di partenza, il contatto diretto con gli artigiani, la scoperta delle peculiarità dell’argento (a volte provando a lavorarlo da sé) e la consapevolezza della sua storia reinventati attraverso la tecnologia: «Macchine a controllo numerico, l’uso del laser e del 3D che rendono possibili spigoli, spessori sottilissimi, texture materiche. Ma mantenendo l’apporto della mano dell’uomo — spiega —. Siamo nell’era del web e dei social media: soprattutto ora conta la relazione stretta che si crea tra l’oggetto e l’autore».
Sembra l’uovo di Colombo; eppure, qui sta il punto: «La storia, un’abilità tramandata, sono quelli i valori da salvaguardare. Ma senza effetti déjà-vu, ovvero andare nel solco del passato ma innovando senza snaturare la storia». Stesso approccio alla base della linea di ceramiche Yixing, realizzate a mano in Cina su suo disegno e supervisione: «È una tecnica millenaria, scoperta durante un viaggio nella provincia cinese di Jaingsu. Quei pezzi per il tè mi attiravano, per cui ne acquistai un paio e iniziai a studiarli e a cercare la storia. Trovai che quell’argilla ha peculiarità uniche: mantiene caldo il tè più a lungo e, assorbendo gli oli contenuti nella bevanda, con il tempo ne migliora il gusto». Il ritorno in Cina alla ricerca degli artigiani giusti con cui lavorare assieme su forme nuove, più accattivanti: «Ma anche capaci di garantire una produzione vera, e non dei pezzi sporadici. Gli artigiani che ho trovato hanno colto la sfida di confrontarsi con un disegno tecnico e con il 3D — racconta —. Per me, invece, è stato un arricchimento umano. L’artigianato è il veicolo più facile per capire le persone e il loro contesto: ci aiuta a connetterci con le altre culture, in un mondo globalizzato», sostiene lui, che ha studiato arte e design a Johannesburg e vissuto e lavorato a Tel Aviv e Hong Kong prima di mettere base a Londra. Oggi la collezione — trasversale fino ai piatti, barattoli, vasi, ciotole — è un brand: «Dopo aver attualizzato il concetto, servono anche nuovi canali di vendita», sostiene Jenner, che per le Yixing Ceramics sta creando un sito con ecommerce (e storytelling) dedicato.
Certo, con il craft la tentazione della serie limitata c’è: «Mi piace sperimentare», spiega della Rush Chair, struttura in 28 pezzi di quercia («Tagliati con macchine a controllo numerico, con incastri e finitura a mano»), e seduta virtuosistica in giunco («Sagomata seguendo uno stampo a forma di un corpo seduto»), realizzata con artigiani del Bedforshire. Sogni? Desideri? «Creare pezzi con un mio brand e venderli in una mia galleria. E collaborare con i marchi italiani, continuando a innovare partendo dalla materia. Non lo facevano forse negli anni 50 anche i vostri grandi designer?».