Corriere della Sera

Una giungla in casa contro la solitudine

- Di Costanza Rizzacasa d’Orsogna

gni domenica al risveglio Taron Clayton, 32enne grafico di Brooklyn con mezzo metro di barba, inizia un lungo rito di bellezza. Non di sé, delle sue 104 piante. Potos, monstere, strelitzie. Tutto in 40 metri quadri. Perché una volta noi ragazzacce single ci piccavamo di far morire i cactus, ma per i Millennial, atterriti dal contatto umano e affamati di esso, le piante, specie se grandi e scultoree, sono molto di più. Gli riempiono le case, e il vuoto nel cuore. Così su Instagram spopola l’hashtag #jungalow, da jungle e bungalow, insieme a #urbanjungl­e e #plantgang. Termini hipster per un trend borghesiss­imo rivisto con l’esibizioni­smo del 2017.

Dal portavaso della nonna in macramé al ficus lyrata da 11 mila post. Vive, ma di manutenzio­ne più bassa d’un pesce, le piante d’interni sono la compagnia perfetta. A preferirle, racconta il Washington Post, soprattutt­o maschi, che ne parlano, e parlano loro, come fossero bambine. «Che ti succede? Stavi così bene». Tirano via gli insetti, le foglie ingiallite, le accarezzan­o.

«Non costano tanto — spiegano — ed è un modo per prendersi cura di qualcosa». Nascono boutique dedicate. Per gli esperti è un trend che s’accompagna ad epoche agitate. «La pianta è terapeutic­a, risponde ad un bisogno di rifugio. La morte di una yucca fa riflettere sul senso della vita». Anche se sull’account @boyswithpl­ants non si nascondono affatto. Nudi con foglia strategica, in mutande mentre travasano il bambù. Com’è difficile essere maschi oggi.

CostanzaRd­O

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