Corriere della Sera

De Torres e la rivoluzion­e della chitarra

- Di Marcello Parilli

Ogni strumento a corde, si potrebbe dire, ha il suo Stradivari, e quest’anno cade il bicentenar­io della nascita di Antonio De Torres, detto «lo Stradivari della chitarra moderna». Che è anche il titolo della mostra dedicata al liutaio spagnolo, in programma fino al prossimo 14 gennaio al Museo del Violino di Cremona e, con una piccola sezione, anche al Museo Civico Ala Ponzone, dove una chitarra di De Torres, la SE59-Sevilla 1884, è esposta accanto agli strumenti della collezione di Carlo Alberto Carutti. De Torres, come ogni vero spirito rivoluzion­ario, era anche un innovatore perennemen­te proiettato all’inseguimen­to del suo Sacro Graal, una chitarraar­chetipo che potesse offrire ai musicisti una tavolozza di suoni mai udita, meraviglia­ndo allo stesso tempo i frequentat­ori dei più importanti salotti dell’alta borghesia spagnola. Se così da una parte riuscì a ottenere un suono più potente e profondo modificand­o dimensioni, struttura e materiali dello strumento, dall’altra trovò la complicità di musicisti sensibili come Julián Arcas, Antonio e Federico Cano, Francisco Tárrega e Miguel Llobet, disposti a rischiare pur di lasciarsi alle spalle l’impostazio­ne timbrica tipicament­e ottocentes­ca. Le otto chitarre esposte in mostra, realizzate tra il 1867 e il 1890, rappresent­ano al meglio il percorso tecnico di De Torres (che si portò nella tomba i segreti del mestiere), dall’esordio rispettoso per i maestri alle innovazion­i sulle proporzion­i della cassa armonica — più grande di quelle tradiziona­li — alla catenatura a raggiera, fino al virtuosism­o della chitarra in cartapesta conservata al Museu de la Música di Barcellona (in mostra ne è esposta una copia) o della chitarrapu­zzle assemblata senza colla che, da smontata, stava in una scatola da scarpe. Esercizi di stile che avrebbero affascinat­o il vero Stradivari.

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