Il Papu Gomez come Di Natale Gioielli di bottega ignorati dai big
Nonostante l’abbiano più volte rivenduto sulle piazze come il Berlusconi dei poveri, il vero modello di Percassi è un altro: l’Udinese. Quando l’Udinese era l’Udinese. Può suonare mediocre aspirazione piccolo borghese, ma a certi livelli è il sogno perfetto, il padre di tutti i sogni: stare nei primi posti della classifica, conquistare l’Europa, guadagnare un sacco di soldi in commercio — detto senza volgarità — di talenti. Semplice e acrobatico come fare una signora maionese. Si prende la materia prima nei vivai di mezzo mondo, si lavora con pazienza artigianale, quindi si mette in vetrina, aspettando la clientela d’alto bordo. Percassi lo sta provando sulla propria pelle: rende da matti. E il capolavoro può dirsi compiuto. Umiliare l’Everton è la migliore maionese che Bergamo abbia mai montato. Capitasse pure di perderle tutte, non sarebbe più un trauma: ridicolizzare il superclub da 153 milioni di acquisti resterà indimenticabile. Capitano Papu Gomez, quarta stagione a Bergamo (Afp) Funziona, il teorema Atalanta funziona. Mentre i boss pensano sempre al supercampionato europeo, tra di loro ultra-mega, piccolo è bello. Ancora e sempre. Piuttosto, i top-manager potrebbero rispondere a questa povera domanda: ma dov’eravate, in tutti questi anni, mentre un piede come quello del Papu Gomez confezionava piaceri e clamori in provincia? Sempre voltati dall’altra parte? Era qui, prima a Catania, poi a Bergamo, si prendeva con poco, eppure nessuno se l’è filato mai. Intanto Percassi rifaceva l’Udinese. Intanto Bergamo trovava il suo Di Natale: baricentro basso, dribbling da mal di testa, gol a giro nel sette. E chiamata in Nazionale. E tutta un’area geografica ai propri piedi. Papu e Totò, storie parallele di mondo piccolo. Per loro, oltre i confini, solo la diffidenza dei luoghi comuni: sono grandi nelle piccole, non è detto siano grandi nelle grandi. Come no. Ma provarli, una volta?