Vincitori e vinti
Mafia Capitale, ormai una sorta di brand dai mille risvolti narrativi
Da parecchio tempo, la capitale del nostro Paese non sa più cosa sia la buona amministrazione ma, quasi per una sorta di contrappasso, è diventata una formidabile macchina narrativa che ha generato romanzi, film, serie tv, inchieste, documentari. La singolarità di questo Grande Racconto Anulare, cui concorrono anche magistrati che si sono scoperti scrittori, è l’aver trasformato la Città Eterna in un brand di successo, ormai noto in tutto il mondo con il nome di Mafia Capitale.
Raitre sta trasmettendo una docufiction in sei parti per raccontare le indagini che hanno portato all’arresto di Massimo Carminati e che hanno svelato la rete di affari e di relazioni tra politica, imprenditoria e malavita: I mille giorni di Mafia Capitale, coproduzione Rai Fiction-Magnolia con la regia di Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami (giovedì, ore 21,17). Non solo: al termine di ogni puntata, entra in scena Federica Sciarelli (per nulla scossa da quell’episodio di pornografia del dolore che a Chi l’ha visto? ha coinvolto i genitori del killer di Noemi) per organizzare l’immancabile dibattito.
Il racconto s’incentra su alcuni personaggi chiave, da Massimo Carminati (er cecato), l’ex estremista nero divenuto criminale comune, a Salvatore Buzzi, l’ex detenuto modello divenuto imprenditore di successo, e si avvale delle indagini svolte dal Ros dei carabinieri e dalla polizia che hanno portato alle sentenze di primo grado. Nel Grande Racconto Anulare è sempre più difficile distinguere cosa sia realtà e cosa finzione: i personaggi (er cecato, er canuto e via con altri mille soprannomi) vivono ormai di luce autonoma, fanno parte di un circo mediatico-giudiziario dai mille risvolti narrativi. Per esempio, il tribunale ha stabilito che esiste la criminalità comune, ma non esiste l’associazione mafiosa, nonostante il brand Mafia Capitale da mesi abbia condizionato la percezione degli eventi.