Sogin, 400 milioni in più nelle bollette per l’uscita dal «vecchio» nucleare
Quattrocento milioni in più nella bolletta elettrica degli italiani. Il costo dell’uscita dal nucleare sale a 7,2 miliardi, dai 6,8 miliardi finora stimati, annuncia Luca Desiata, 45 anni, Ceo di Sogin, la società pubblica incaricata di smantellare gli 8 impianti nucleari sul territorio nazionale e di gestire i rifiuti radioattivi. L’aumento dei costi è legato a un affinamento delle stime del programma a vita intera del cosiddetto «decomissioning», cioè la bonifica dei siti nucleari, previsto entro il 2035. Finora Sogin ha realizzato il 26% dello smantellamento, spendendo nel complesso 3,2 miliardi dal 2001 a oggi, mentre l’anno si chiuderà con un’attività stimata di 63,5 milioni.
Il piano di Sogin è stato aggiornato alla luce della Peer review dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), che ha approvato la strategia italiana con una serie di raccomandazioni, anticipate ieri durante la 61esima conferenza annuale della Iaea a Vienna, durante la quale l’Italia ha donato un busto in bronzo del Nobel Enrico Fermi. I rilievi chiave? Il decomissioning è un’attività di sistema, perciò è fondamentale che diventi subito operativa l’Isin, la nuova autorità di controllo nel nucleare, raccomanda l’Iaea, sollecitando il governo a scegliere subito il sito dove costruire il nuovo deposito nazionale per tutti i rifiuti radioattivi italiani. «La Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pronta», sostiene Desiata, che spera di vederla pubblicata «entro fine anno». Sogin deve inoltre accelerare lo smantellamento dei «vessel», i reattori nucleari, rileva la Iaea. «Il piano è pronto per partire con Garigliano e Trino, a un costo stimato di 100 milioni ciascuno, entro la fine del nostro mandato, nel 2019», dice Desiata.