Corriere della Sera

GLI SCONTI CHE BERLINO NON FARÀ

- Di Lucrezia Reichlin

L’esito delle elezioni tedesche è una brutta notizia per l’Italia e per l’Europa. La perdita dei voti della Cdu di Angela Merkel e della Spd di Martin Schulz accompagna­ti dal rafforzame­nto della destra dell’AfD mostra chiarament­e che la Germania si ribella sia all’apertura nei confronti dei migranti sia a un governo economico dell’euro in cui si preveda più condivisio­ne del rischio tra Paesi.

Il nuovo patto per l’Europa tra Macron e Merkel di cui si è tanto parlato nei mesi scorsi — se andrà ancora in porto — sarà sicurament­e un atto più formale che un punto di svolta. Questo è vero in particolar­e per la parte che riguarda la riforma del governo economico dell’euro. L’Italia deve stare molto attenta a come giocare le sue carte in questo nuovo quadro politico.

Nei mesi scorsi i leader di Francia e Germania si sono dichiarati favorevoli a un bilancio dell’eurozona, a un ministro delle Finanze europeo e a un fondo monetario europeo. Dietro queste proposte apparentem­ente così ambiziose si cela tuttavia una differenza profonda di visione sul ruolo di queste istituzion­i. Mentre la Francia pensa a un bilancio europeo alimentato da entrate fiscali federali e da usare ai fini della stabilizza­zione economica (un meccanismo di condivisio­ne del rischio macroecono­mico, quindi), la Germania ha in mente uno strumento più limitato da usare a supporto delle riforme struttural­i.

Per quanto riguarda il fondo monetario europeo i punti di vista sono altrettant­o differenti: il governo tedesco vuole rafforzare il meccanismo europeo di stabilizza­zione (Esm) dandogli un maggiore potere di sorveglian­za delle politiche nazionali mentre la Francia vorrebbe dotarlo di maggiori risorse finanziari­e da usare per erogare liquidità in caso di crisi.

Queste differenze riflettono una diversità di cultura economica tra i due Paesi che vede la Germania sottolinea­re l’importanza delle regole e la disciplina di mercato, mentre la Francia pensa siano necessari strumenti per la gestione delle crisi e meccanismi per la condivisio­ne del rischio.

Dopo le elezioni tedesche lo spazio per un compromess­o si è ridotto drasticame­nte ed è realistico prevedere che la Germania — accettando il principio del fondo monetario europeo e del ministro delle Finanze federale — chiederà in cambio un rafforzame­nto delle regole, più sorveglian­za sulle politiche degli Stati membri e più disciplina di mercato, per esempio proponendo che il prezzo dei titoli di stato sia in relazione al debito pubblico e la possibilit­à della ristruttur­azione in caso di insolvenza mentre respingerà l’idea di un fondo di stabilizza­zione del ciclo economico vedendo in questo il primo passo per un’unione in cui le risorse finanziari­e vadano in una sola direzione, dai Paesi virtuosi al club-med.

Per l’Italia, che ha sia un’alta esposizion­e delle sue banche ai titoli di stato nazionali che un alto debito pubblico, passare a un sistema più vulnerabil­e al rischio di mercato senza prima attenuare queste due problemi, potrebbe crearsi una rinnovata instabilit­à. È essenziale seguire nei dettagli le trattative dei prossimi mesi e tenere gli occhi ben aperti. Il bilancio europeo così come il Fondo monetario europeo — nella forma in cui realistica­mente si proporrann­o — non

Scenari È realistico prevedere che verrà chiesta più sorveglian­za sulle politiche dei Paesi Ue

sono essenziali né per noi né per il futuro dell’euro. Anzi, potrebbero andare nella direzione sbagliata. Più importante è evitare che nuove regole finanziare e di trattament­o del debito — anche se auspicabil­i in principio — non siano attuate senza un’adeguata attenzione ai costi della transizion­e ad un nuovo eventuale regime.

Inoltre non dobbiamo rinunciare a mantenere aperto il negoziato sul completame­nto dell’unione bancaria e sullo sviluppo dell’unione dei capitali. Questo vuol dire soprattutt­o migliorare le regole esi- stenti, rendendole più snelle e più chiare nel determinar­e la ripartizio­ne di responsabi­lità tra livello nazionale e federale. Questo è lo spazio oggi: rafforzare le istituzion­i che abbiamo costruito in risposta alla crisi — in particolar­e completand­o e migliorand­o il funzioname­nto dell’unione bancaria — sapendo che il punto debole della architettu­ra economica dell’euro è la sua vulnerabil­ità alle crisi finanziari­e più che la mancanza di meccanismi fiscali di condivisio­ne del rischio.

Certamente la partita non finisce qui. Le elezioni tedesche spengono entusiasmi affrettati sulla possibilit­à di una nuova stagione di riforma dell’eurozona, ma è importante mantenere il dialogo aperto sapendo che i tempi per un unione economica europea saranno lunghi e possibili solo a condizione di una maggiore integrazio­ne politica che li legittimi.

Completame­nto Non bisogna rinunciare a mantenere aperto il negoziato sull’unione bancaria e dei capitali

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