I rapporti Juve-ultrà Agnelli, un anno di stop
Agnelli squalificato per dodici mesi in primo grado Il presidente della Juve resta al suo posto e annuncia ricorso Il giudice: «Contatti sporadici e inconsapevoli con la malavita»
Un anno di inibizione e 20 mila euro di ammenda. Andrea Agnelli, presidente della Juventus, è stato condannato, ma con lo sconto, per il caso biglietti: 12 mesi anziché i 30 chiesti dalla Procura federale. Cesare Mastrocola, presidente del Tribunale federale nazionale, ha inoltre cancellato le due partite a porte chiuse allo Stadium e la terza con la curva Sud, quella degli ultrà, vuota.
Ma è solo il primo atto di una partita che finirà ai supplementari. Le parti hanno preannunciato ricorso. «Siamo riusciti a provare la colpevolezza di tutti ma i fatti sono così gravi che andavano sanzionati più pesantemente», ha fatto sapere all’Ansa Giuseppe Pecoraro, capo degli 007 federali che tanto soddisfatto in realtà non lo è. E neppure la
Juventus, che puntava e punta ancora all’assoluzione. «La società esprime la propria soddisfazione perché la sentenza, pur comminando pesanti inibizioni nei confronti del presidente e delle altre persone, ha escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata».
Agnelli, si legge nelle motivazioni, ha avuto contatti con Rocco Dominello, ex ultrà e figlio di un ‘ndranghetista «sporadici e inconsapevoli del presunto ruolo malavitoso del soggetto citato». È un punto cruciale della storia. E non è l’unica «vittoria» del presidente della Juve alla fine del primo grado di giudizio. Il Tribunale ha riconosciuto la sua estraneità all’ingresso dentro lo Stadium degli striscioni contenenti scritte su Superga in occasione del derby con il Torino del 23 febbraio 2014. Inoltre la sentenza non è stata estesa a Uefa e Fifa. E la Federazione, attraverso il presidente Carlo Tavecchio, non sembra intenzionata a trasmettere gli atti sino a dopo il terzo grado di giudizio. Perciò Agnelli resterà nell’Esecutivo Uefa, mentre la sua carica di presidente dell’Eca non è mai stata in pericolo in quanto l’associazione dei club europei è privata e ha un suo statuto.
La battaglia però è appena cominciata. Accusa e difesa hanno sette giorni per presentare il ricorso che sarà discusso entro la fine di ottobre davanti alla corte d’Appello federale presieduta da Sergio Santoro. Poi c’è sempre modo di spingersi sino al Collegio di garanzia del Coni, una sorta di Cassazione dello sport, dove a decidere sarà l’ex ministro Franco Frattini.
La squalifica nel frattempo è diventata esecutiva. Agnelli non potrà partecipare alle riunioni di Lega, scendere negli spogliatoi durante le partite della Juventus, neppure rappresentarla in ambito federale o firmare i contratti dei giocatori.
Ma resta presidente e lo sarebbe rimasto in ogni caso, anche se Mastrocola avesse accolto le richieste di Pecoraro.
L’inibizione per un anno è in ogni caso un provvedimento duro. Stessa pena per Francesco Calvo, ex direttore commerciale e ora al Barcellona e per Stefano Merulla capo della biglietteria. Il security manager Alessandro D’Angelo ha invece preso un anno e tre mesi. Alla Juventus 300 mila euro di ammenda. Il tutto per violazione degli articoli 1 e 12 del codice di giustizia sportiva.
«Il tribunale reputa che la invocata estraneità di Agnelli non possa ritenersi tale e la indubbia frequentazione con gli altri deferiti, unitamente al lunghissimo lasso temporale durante il quale si è dipanato l’oggetto di indagine (5 anni,
ndr) e alla cospicua quantità di biglietti (150 mila, ndr) concessi illegalmente, recitano in maniera opposta alle ragioni dichiarate dal presidente della Juventus», le motivazioni del provvedimento. Per la corte, Agnelli non poteva non sapere cosa stava succedendo.
L’accusa Provata la colpevolezza di tutti, ma fatti così gravi meritavano sanzioni più pesanti La Juventus Soddisfatti: la sentenza esclude legami con la criminalità organizzata, ma l’inibizione è pesante