La sorella «stratega» della propaganda e l’offensiva retorica del Giovane Leader
Kim e Trump si mettono alla prova, i duellanti vogliono vedere sin dove si può spingere l’altro. C’è chi teme che tutto precipiti, magari per un incidente. Possibile. Intanto arrivano bordate di parole, più di frequente dal regno rosso.
La campagna di comunicazione di Pyongyang è organizzata dal Dipartimento Pubblicità e Informazione, più noto come Dipartimento Propaganda e Agitazione. È guidato da Kim Yo-jong, trentenne sorella minore del Maresciallo. Donna di grande potere, discreta, compare raramente in pubblico. È un volto notissimo invece quello di Ri Chun-hee, 74 anni, la presentatrice in vestito tradizionale rosa che dal 1971 scandisce in tv successi e dolori della Repubblica. Anche il discorso del 22 settembre in realtà non è stato pronunciato in prima persona da Kim Jongun, che si è limitato a farsi fotografare con il foglio in mano, seduto alla scrivania. In tv invece il testo integrale è stato letto con voce stentorea da Ri Chun-hee. La giovane Kim e l’attempata Ri Chun-hee sono le messaggere del progetto di grandezza di Kim III.
L’offensiva di insulti (peraltro riaccesa da Trump) ha permesso al Maresciallo di raggiungere un obiettivo tattico: rivolgersi direttamente al presidente americano mettendo ai margini Giappone e Sud Corea, che pure sono i due Paesi più minacciati dai suoi missili. The Donald si sente in dovere di replicare a ogni mossa dell’avversario con esternazioni su Twitter, dando modo a Pyongyang di dialogare a suo modo. E dunque è senza dubbio un risultato che incoraggia Pyongyang a tenere vivo il fuoco.
Il Dipartimento Propaganda e Agitazione è il quartier generale che seleziona e diffonde le immagini dei test missilistici nordcoreani. E a partire dall’anno scorso ha cominciato a pubblicare foto sempre più dettagliate. Come quelle con Kim che ispeziona le presunte atomiche o osserva il lanciatore mobile del vettore balistico. L’intento è di far passare il messaggio: «Vogliamo stabilire l’equilibrio della forza reale, quella nucleare, perché gli americani non osino più pensare di sfruttare l’opzione militare».
Un crescendo di segnali che per alcuni è legato all’azione diretta di Kim Yo-jong. La sorella del numero uno dal luglio 2015 avrebbe assunto la guida di fatto del Dipartimento Propaganda e Agitazione e gli osservatori sono concordi nell’indicarla come la regista occulta di molte iniziative per celebrare il fratello e alimentarne il culto della personalità. Con un tocco, però, dinamico rispetto ai predecessori. Dicono ancora che sia stata lei a proporre Kim quale «uomo del popolo», da qui le ripetute visite a fabbriche, impianti, palazzi, scuole e asili. Ed è ancora sua l’idea di «aprire» — si fa per dire — il Paese a visitatori stranieri, dando maggiore impulso a contatti e al turismo.
Per molto tempo si è saputo poco di questa giovane minuta, nata il 26 settembre dell’87. La ragazza ha frequentato per alcuni anni la stessa scuola di Berna, in Svizzera, dove avevano mandato il fratello. Poi, nel 2000, sarebbe tornata in patria.
Il legame con l’attuale leader sarebbe cresciuto progressivamente, rafforzato anche dalle esperienze personali, compresa la morte dei genitori e la necessità di assumere la direzione del Paese. Attorno al 2007 la giovane entra nel partito e due anni più tardi — se sono giuste le annotazioni degli esperti — appare in pubblico per la prima volta al fianco di Kim all’interno dell’ateneo per l’agricoltura a Wonsan. Una presenza che indica la sua rilevanza e precede la sua promozione del 2013 a responsabile della segreteria del presidente. Infine la carica più importante, quella di «direttrice» dell’orchestra propagandistica, anche se il titolo è formalmente di vice.
Kim Yo-jong attraverso il suo ufficio detta la linea ai media, decide quali immagini
Grande potere Il Dipartimento Propaganda è guidato da Kim Yo-jong, sorella minore del Maresciallo
diffondere, coordina il «fuoco» dei commentatori. Tra i suoi meriti quello di aver reso più agile il sistema. Una volta trascorrevano giorni prima che fosse pubblicata una reazione del governo o dello stesso capo, adesso la risposta non si fa attendere troppo. Lo dimostrano le ultime minacce.