LA CHIESA «MATERNA» DEL PRESIDENTE DELLA CEI
Il cardinale Bassetti ha parlato al consiglio permanente: un rito sobrio con un messaggio sostanzioso pronunciato con un linguaggio «pastorale»
La «prolusione» Ha mostrato una forza di sintesi capace di superare le querelle del cattolicesimo italiano La sua filosofia Non intende imporre geometrie unificanti ma «far maturare la spiritualità dell’unità»
Ieri è stato un giorno importante per la Chiesa italiana: l’inauguration day del presidente della Cei, un rito sobrio ma un messaggio sostanzioso. Il cardinale Bassetti ha tenuto il primo discorso al consiglio permanente, cuore pulsante della Cei. Durante la presidenza del cardinale Ruini, questi discorsi (detti «prolusioni») hanno avuto anche rilevanza politica. Si nota subito la novità del linguaggio «pastorale» di Bassetti anche su nodi spinosi, come lo ius soli temperato, che ha fatto discutere pure i cattolici. Sulle migrazioni, il cardinale rivendica un interesse della Chiesa che viene da lontano: articola una linea saggia al di là del dibattito di questi mesi: denunciare la tratta di esseri umani, salvare le persone dal mare e dal deserto, deplorare i luoghi dove i migranti sono ammassati, lavorare per corridoi umanitari e vie legali, aiutare l’Africa perché dia futuro ai giovani, integrare quanti accolti in Italia.
È una sintesi articolata che rappresenta una piattaforma importante non solo per il mondo cattolico. L’integrazione — per Bassetti — ha un passaggio decisivo nel «riconoscimento di una nuova cittadinanza» ai nati in Italia, figli di migranti, che condividono lingua e cultura. Un invito che farà pensare i parlamentari cattolici.
Ma il discorso del presidente va ben oltre questo solo tema. Mentre il clima non è tranquillo nella Curia romana e riguardo al processo di riforma, il messaggio di Bassetti manifesta serenità, non solo personale ma della Chiesa italiana, accanto al Papa e nel Paese: «…la Chiesa italiana sta in mezzo al popolo con la semplicità eloquente del Vangelo, senza altra pretesa che darne testimonianza». Una serenità non inconsapevole dei problemi che incalzano: lavoro, famiglia e fisco a sua misura, giovani, l’«umanità ferita» della gente, Mezzogiorno... Con sensibilità inedita nel mondo ecclesiastico, il cardinale dice la sua vicinanza alle donne, «vittime di una violenza cieca e brutale».
La serenità del messaggio è frutto della chiarezza con cui
la Chiesa si ripensa attorno alla «missione», in linea con Francesco, «che mette al centro di tutto il Vangelo di Gesù e ci esorta ad andare verso i poveri». Così, per Bassetti, «il primato dell’annuncio del Vangelo fa tornare semplici». Si potrebbe dire che un vescovo di Bergoglio è giunto alla testa della Cei dopo più di quattro anni dall’elezione del Papa (Giovanni Paolo II ci mise sette anni a nominare un «suo» presidente alla Cei, il card. Poletti). È vero: Bassetti è stato creato cardinale da Francesco in una sede non «cardinalizia»; è stato un candidato alla presidenza auspicato dal Papa. Ma ha una sua personalità, che esprime la storia italiana del cattolicesimo.
È vescovo dal 1994, occupando sedi episcopali rilevanti ma provinciali, visitando tutti i seminari italiani e facendo vita pastorale di base. Nel suo discorso, compaiono figure qualificanti il cristianesimo italiano: da mons. Bartoletti, a Mazzolari, Milani, La Pira. Il cardinale Bassetti rappresenta un punto di convergenza tra l’itinerario storico della Chiesa italiana e Francesco, che trae pacata autorità dalla sua storia e non solo dall’avallo papale.
La «prolusione» mostra una forza di sintesi (si parla anche
della questione antropologica e dei problemi della famiglia), capace di superare le querelle del cattolicesimo italiano, antiche e oggi riproposte in chiave pro o contro Bergoglio. Bassetti non accetta la divisione tra «cattolici della morale» e «cattolici del sociale»: non si possono difendere la vita o i valori e poi respingere i migranti oppure — ha spiegato — curare i poveri e dimenticare il valore della vita. La sua è una sintesi dinamica, non mediativa, attorno all’idea bergogliana di Chiesa in uscita. Il cardinale sa quanto il cattoli- cesimo italiano sia multiforme, tentato da derive frammentarie come la società. Non intende imporre geometrie unificanti, ma «far maturare la spiritualità dell’unità» bisogna parlarsi! — insiste —. È la sua filosofia «pastorale» nella Chiesa e fuori: «Chi dialoga non è un debole ma è, all’opposto, una persona che non ha paura…».
Il tema della paura è presente nel discorso del cardinale e viene affrontato in modo pastorale: «Non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie…». Ma le paure e la xenofobia non vanno enfatizzate. Per fronteggiarle, la Chiesa — dice Bassetti — ha due strumenti: la pastorale e la cultura. La cultura ha molto spazio nel parlare «evangelico» del cardinale. Paura e spaesamento si battono con cultura e visioni: «Ci sono oggi tante affermazioni gridate, ma forse manca un pensiero lungo sul Paese».
La Chiesa non rifugge una discussione sul futuro del Paese. Chiama i cattolici alla politica. Il presidente vorrebbe «rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione». La Chiesa s’impegna per l’unità di un Paese «fragile»: «Dobbiamo… essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla».
Egli è convinto che «il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità». Pulsa in queste parole la tradizione di una «Chiesa materna», quella di Francesco, ma anche della grande stagione del cattolicesimo della Firenze di La Pira.