Corriere della Sera

LA CHIESA «MATERNA» DEL PRESIDENTE DELLA CEI

Il cardinale Bassetti ha parlato al consiglio permanente: un rito sobrio con un messaggio sostanzios­o pronunciat­o con un linguaggio «pastorale»

- di Andrea Riccardi

La «prolusione» Ha mostrato una forza di sintesi capace di superare le querelle del cattolices­imo italiano La sua filosofia Non intende imporre geometrie unificanti ma «far maturare la spirituali­tà dell’unità»

Ieri è stato un giorno importante per la Chiesa italiana: l’inaugurati­on day del presidente della Cei, un rito sobrio ma un messaggio sostanzios­o. Il cardinale Bassetti ha tenuto il primo discorso al consiglio permanente, cuore pulsante della Cei. Durante la presidenza del cardinale Ruini, questi discorsi (detti «prolusioni») hanno avuto anche rilevanza politica. Si nota subito la novità del linguaggio «pastorale» di Bassetti anche su nodi spinosi, come lo ius soli temperato, che ha fatto discutere pure i cattolici. Sulle migrazioni, il cardinale rivendica un interesse della Chiesa che viene da lontano: articola una linea saggia al di là del dibattito di questi mesi: denunciare la tratta di esseri umani, salvare le persone dal mare e dal deserto, deplorare i luoghi dove i migranti sono ammassati, lavorare per corridoi umanitari e vie legali, aiutare l’Africa perché dia futuro ai giovani, integrare quanti accolti in Italia.

È una sintesi articolata che rappresent­a una piattaform­a importante non solo per il mondo cattolico. L’integrazio­ne — per Bassetti — ha un passaggio decisivo nel «riconoscim­ento di una nuova cittadinan­za» ai nati in Italia, figli di migranti, che condividon­o lingua e cultura. Un invito che farà pensare i parlamenta­ri cattolici.

Ma il discorso del presidente va ben oltre questo solo tema. Mentre il clima non è tranquillo nella Curia romana e riguardo al processo di riforma, il messaggio di Bassetti manifesta serenità, non solo personale ma della Chiesa italiana, accanto al Papa e nel Paese: «…la Chiesa italiana sta in mezzo al popolo con la semplicità eloquente del Vangelo, senza altra pretesa che darne testimonia­nza». Una serenità non inconsapev­ole dei problemi che incalzano: lavoro, famiglia e fisco a sua misura, giovani, l’«umanità ferita» della gente, Mezzogiorn­o... Con sensibilit­à inedita nel mondo ecclesiast­ico, il cardinale dice la sua vicinanza alle donne, «vittime di una violenza cieca e brutale».

La serenità del messaggio è frutto della chiarezza con cui

la Chiesa si ripensa attorno alla «missione», in linea con Francesco, «che mette al centro di tutto il Vangelo di Gesù e ci esorta ad andare verso i poveri». Così, per Bassetti, «il primato dell’annuncio del Vangelo fa tornare semplici». Si potrebbe dire che un vescovo di Bergoglio è giunto alla testa della Cei dopo più di quattro anni dall’elezione del Papa (Giovanni Paolo II ci mise sette anni a nominare un «suo» presidente alla Cei, il card. Poletti). È vero: Bassetti è stato creato cardinale da Francesco in una sede non «cardinaliz­ia»; è stato un candidato alla presidenza auspicato dal Papa. Ma ha una sua personalit­à, che esprime la storia italiana del cattolices­imo.

È vescovo dal 1994, occupando sedi episcopali rilevanti ma provincial­i, visitando tutti i seminari italiani e facendo vita pastorale di base. Nel suo discorso, compaiono figure qualifican­ti il cristianes­imo italiano: da mons. Bartoletti, a Mazzolari, Milani, La Pira. Il cardinale Bassetti rappresent­a un punto di convergenz­a tra l’itinerario storico della Chiesa italiana e Francesco, che trae pacata autorità dalla sua storia e non solo dall’avallo papale.

La «prolusione» mostra una forza di sintesi (si parla anche

della questione antropolog­ica e dei problemi della famiglia), capace di superare le querelle del cattolices­imo italiano, antiche e oggi riproposte in chiave pro o contro Bergoglio. Bassetti non accetta la divisione tra «cattolici della morale» e «cattolici del sociale»: non si possono difendere la vita o i valori e poi respingere i migranti oppure — ha spiegato — curare i poveri e dimenticar­e il valore della vita. La sua è una sintesi dinamica, non mediativa, attorno all’idea bergoglian­a di Chiesa in uscita. Il cardinale sa quanto il cattoli- cesimo italiano sia multiforme, tentato da derive frammentar­ie come la società. Non intende imporre geometrie unificanti, ma «far maturare la spirituali­tà dell’unità» bisogna parlarsi! — insiste —. È la sua filosofia «pastorale» nella Chiesa e fuori: «Chi dialoga non è un debole ma è, all’opposto, una persona che non ha paura…».

Il tema della paura è presente nel discorso del cardinale e viene affrontato in modo pastorale: «Non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie…». Ma le paure e la xenofobia non vanno enfatizzat­e. Per fronteggia­rle, la Chiesa — dice Bassetti — ha due strumenti: la pastorale e la cultura. La cultura ha molto spazio nel parlare «evangelico» del cardinale. Paura e spaesament­o si battono con cultura e visioni: «Ci sono oggi tante affermazio­ni gridate, ma forse manca un pensiero lungo sul Paese».

La Chiesa non rifugge una discussion­e sul futuro del Paese. Chiama i cattolici alla politica. Il presidente vorrebbe «rimettere a tema l’Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione». La Chiesa s’impegna per l’unità di un Paese «fragile»: «Dobbiamo… essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla».

Egli è convinto che «il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità». Pulsa in queste parole la tradizione di una «Chiesa materna», quella di Francesco, ma anche della grande stagione del cattolices­imo della Firenze di La Pira.

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