Corriere della Sera

I deliri di Kim Jong-un e l’urgenza di fermarlo

- Di Dacia Maraini

Caro Aldo, lei scrive: «In America da sempre si vota il martedì dopo il primo lunedì di novembre». Era più chiaro e più breve se lei scriveva: «In America si vota il primo martedì di novembre». Oppure quanto da lei scritto è incompleto?

Paolo Urbani Villa Opicina, Trieste Caro Paolo, se lei riflette un attimo, cosa che dovremmo fare tutti prima di pigiare «invia», capirà facilmente che il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre non è sempre il primo martedì di novembre. Ad esempio l’anno scorso l’1 novembre era un martedì, ma in America non si è votato; si è votato appunto il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. Così Donald Trump è stato eletto l’8.

Ma veramente ci sentiamo tranquilli solo perché siamo lontani qualche migliaio di chilometri dalla Corea? Possibile che non ci rendiamo conto del momento gravissimo che stiamo vivendo? Se continua la sfida del piccolo tronfio bambino malato di onnipotenz­a, e se quell’altro infantilis­simo supereroe dal ciuffo biondo lo prende sul serio, come sta in effetti succedendo, finirà che Kim Jong-un lancerà una bomba anche se solo convenzion­ale, sull’avamposto militare Usa dell’isola di Guam, e lì scatterà la vendetta annunciata. Ma non sarà in pericolo l’America lontana bensì la Corea del Sud che verrà inondata in pochi minuti di missili e probabilme­nte la stessa cosa succedereb­be al Giappone. Le bombe lanciate coi razzi non si possono fermare. La sola possibile risposta è una immediata ondata di fuoco che distrugga tutto l’apparato aviatorio e militare dell’avversario. Cosa che l’America può fare benissimo, ma nel frattempo il piccolo dittatore avrà avuto il tempo di procurare spaventosi danni al Giappone e soprattutt­o alla Corea del Sud. Non sono una esperta, ma ho vissuto a lungo in Giappone, ho visto da bambina la gente che scappava da Hiroshima portandosi dietro i cadaveri bruciati dalla bomba H e non vorrei assistere ad altri orrori simili. I giapponesi avevano deciso di non fabbricare più l’atomica, ma ora la preoccupaz­ione di difendersi li porterà a ripensarci. La Corea del Sud, che si è sviluppata in una democrazia agiata di tipo occidental­e, vive nel terrore di questo fratello minore incoscient­e che ha dimostrato già in passato di volere provocare pericolosa­mente, giocando con un militarism­o spinto. La spesa per gli armamenti tiene alla fame il Paese. Se non fosse per la Cina, la Corea del Nord cadrebbe nella miseria più nera. La sola speranza è che quel dittatorel­lo capisca, — se qualcuno glielo dicesse certo sarebbe meglio invece di stare lì a battergli le mani, ma il regime basato sull’ubbidienza e la repression­e feroce ha messo tutti in riga — la speranza, come dicevo è che qualcuno gli spieghi bene che anche nel caso che distrugges­se mezzo Giappone e radesse al suolo la Corea del Sud, farebbe una brutta fine comunque. Ma i deliri di onnipotenz­a sono difficili da bloccare. La sola a poterlo fermare sarebbe la Cina che per il momento non lo fa. Ma fino a quando? Il pericolo è che di provocazio­ne in provocazio­ne, una volta gettata la prima bomba, il mondo venga trascinato in un’altra mostruosa guerra mondiale.

Martedì 8 novembre, primo martedì dopo il primo lunedì di novembre

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