Il «G7» dell’industria: i nodi cybersicurezza e tutela della privacy sulla rivoluzione in corso
DALLA NOSTRA INVIATA
Finita la grande crisi, ora l’industria deve fare i conti con la quarta rivoluzione industriale. In concreto: la digitalizzazione della produzione. Ieri al G7 dell’industria di Torino il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha parlato chiaro: «Non sarà un pranzo di gala». Traduzione: nell’immediato numerose posizioni lavorative diventeranno obsolete. E gli italiani dovranno riconvertirsi verso nuove professionalità.
Gli sherpa della sette delegazioni – Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Giappone, Canada, Stati Uniti a cui si aggiunge una rappresentanza Ue – hanno lavorato con l’obiettivo di arrivare oggi a una dichiarazione congiunta con tre «allegati».
Il primo sugli standard di comunicazione tra macchina e macchina; il secondo sull’ intelligenza artificiale e il terzo sul coinvolgimento delle piccole e medie imprese.
Tra le questioni più dibattute c’è quella della privacy. Entro il 25 maggio dell’anno prossimo i Paesi dell’Unione europea dovranno recepire il nuovo regolamento comunitario sulla privacy. Si tratta di una normativa più stringente di quella in vigore negli Usa. Ieri mattina lo ha detto lo stesso Diego Piacentini, commissario all’Innovazione del governo in libera uscita da Amazon: «I big data potrebbero non essere governati dall’attuale normativa sulla privacy». Gli americani ritengono che il diritto alla privacy contenuto nella dichiarazione Onu dei diritti dell’uomo non possa essere annoverato tra i diritti fondamentali. «Le tecnologie non stanno ferme e così anche la normativa sulla privacy sarà inevitabilmente in evoluzione nei prossimi anni», valuta il vicepresidente Microsoft John Frank.
Cruciale poi per le imprese la questione degli standard. Troppo spesso capita alle aziende di acquistare macchinari che parlano «una lingua diversa» rispetto a quelli di clienti e fornitori perché venduti da aziende diverse. Per permettere alle macchine di dialogare diventa allora necessario acquistare tecnologie costose. Onerose soprattutto per le piccole e medie imprese. Per quanto riguarda la cybersicurezza, inutile dilungarsi sul l’importanza del tema. Da notare: anche in questo caso le piccole imprese sono le più vulnerabili, come ha mostrato, dati alla mano, Andrew Wyckoff, direttore Ocse in materia di Scienza, tecnologia e innovazione.