Corriere della Sera

Aiutati dagli italiani o dalla sorte Gli ebrei sfuggiti all’orrore nazista

- Di Antonio Ferrari

fatto fuggire dal Sud preziose energie intellettu­ali.

Sapeva scrivere dei grandi temi senza dimenticar­e mai le persone in ritrattini pieni di umanità. Era spiritoso. Nella vita quotidiana e nella scrittura. In quel libro calabrese, ad esempio, racconta di un barone che non doveva essergli simpatico, «con una testolina d’uccello bizzosa e un grosso naso a pipa».

Al «Corriere» approdò nel 1955 dopo il successo di Baroni e contadini che vinse il Premio Viareggio. Inviato di grande livello, fu uno dei giornalist­i più bravi e più amati. Viaggiò in tutto il mondo, ma forse preferiva andare in un piccolo paese del Sud allora incontamin­ato. Capiva che i fatti minimi, i dettagli, sono lo specchio dell’universo. Fu coerente, meridional­ista democratic­o e laico vicino al Partito repubblica­no. Anche i libri che ha scritto potrebbero dar vita a un’unica collana, lo si capisce già dai titoli, L’Italia dei poveri, Chi ha più santi in paradiso, I figli del Sud.

E poi Terremoto: nel 1980 fu in Irpinia e in Campania, implacabil­e nel voler vedere, scrisse articoli di grande importanza che fecero mutare le decisioni dei governanti che volevano trasferire i terremotat­i di San Mango del Calore, di Sant’Angelo dei Lombardi e di altri paesi devastati dove una volta tra le macerie c’erano le loro povere case e inviarli dissennata­mente in luoghi lontani e sconosciut­i.

Nel 1992 scrisse anche I nipotini di Lombroso: è sbagliata, disse allora, la polemica contro il Mezzogiorn­o che non è solo malaffare e corruzione. Una polemica che spezza l’idea stessa di nazione e diffonde, per reazione, nostalgie neoborboni­che. (Pare che Giovanni Russo, Giovannino per gli amici, avesse qualità divinatori­e: nei giorni scorsi i principi di Borbone sono giunti a Noto festosamen­te accolti dalle autorità e dal vescovo).

Nel 1994, più di vent’anni fa, Russo scrisse un libretto, Perché la sinistra ha eletto Berlusconi, con pagine ricche di amare verità. Rideva quando gli si diceva che Berlusconi era un suo vicino di casa, dall’altra parte di palazzo Grazioli, in via del Plebiscito.

(pagine XIX-565, 38). Si tratta di una ricerca del Centro di documentaz­ione ebraica contempora­nea (Cdec) su coloro che riuscirono a sottrarsi alla deportazio­ne

● Liliana Picciotto è autrice del Libro della Memoria (Mursia, 1991) sugli ebrei italiani deportati dai nazisti. Inoltre ha dedicato al campo di Fossoli il saggio L’alba ci colse come un tradimento (Mondadori, 2010)

Dico subito che è stato stimolante leggere il libro-documento di Liliana Picciotto, che ha un titolo accarezzat­o dal vento della speranza: Salvarsi (Einaudi). Stimolante perché questo studio documentat­issimo sugli «ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah dal 1943 al 1945» ha l’indubbio merito di sfatare alcuni luoghi comuni: che cioè il fascismo italiano fosse una sola cosa con il nazismo di Adolf Hitler. Intendiamo­ci. I due regimi erano imparentat­i nell’ideologia e compenetra­ti inesorabil­mente. Il leader-pagliaccio (come molti lo definivano in Germania, persino i comunisti) che veniva da Vienna, di sicuro meno attrezzato culturalme­nte di Benito Mussolini, aveva copiato il Duce all’inizio, costringen­dolo poi all’abbraccio mortale sul fronte di una guerra orrenda e di una sfida mortale. Guerra e sfida che hanno annientato più di una generazion­e di giovani. Decine di milioni di morti.

Preambolo necessario per introdurre il tema della ricerca del Centro di documentaz­ione ebraica contempora­nea, che dimostra con cura e scrupolo i risultati di una indagine, prevalente­mente orale (con tutti i limiti che questo approccio comporta) per capire quanti furono gli ebrei che riuscirono a salvarsi dalla deportazio­ne nei campi di sterminio.

Cito testualmen­te un passaggio del libro di Liliana Picciotto: «Gli ebrei presenti, alla fine di settembre del 1943, nell’Italia occupata, erano 38.994, di cui 33.452 italiani e 5.542 stranieri. Di tutti costoro, quelli identifica­ti, arrestati e deportati (morti e sopravviss­uti) oppure uccisi in Italia prima della loro deportazio­ne, sono stati 7.172. Rimasero perciò non catturati e sfuggiti alla Shoah 31.822 ebrei, tra italiani e stranieri, oggetto di questa ricerca… Gli scampati rimasti in patria furono cioè più dell’81 per cento».

Ovviamente, l’inizio della persecuzio­ne sistematic­a è del mese di novembre del 1938, quando il governo fascista, con il Regio decreto legge 1728/1938 stabilì che diventava imperativo emanare i «Provvedime­nti per la difesa della razza», sottintend­endo che la razza incriminat­a fosse quella ebraica. La persecuzio­ne aveva gravi conseguenz­e sociali (perdita del lavoro, espulsione dalle scuole del regno) ed economiche. Nessuno degli ebrei però, a parte i più avveduti che riuscirono ad andarsene, immaginava quel che poi sarebbe accaduto.

È evidente che le leggi razziali furono suggerite e caldeggiat­e da Hitler, e in realtà Mussolini vi si adeguò con qualche mal di pancia, perché il Duce sapeva che imporre drastiche misure agli italiani sarebbe stato controprod­ucente. L’italiano non è e non sarà mai un carnefice.

Forse si spiegano così i gesti di grande solidariet­à con la minoranza perseguita­ta. L’esempio del console italiano fascista di Salonicco, Guelfo Zamboni, ne è una prova. Gino Bartali, campione di ciclismo, rischiò la vita per salvare decine di ebrei. I casi di coraggio civile, con l’avanzare della ricerca, si sono moltiplica­ti. Fino a dimostrare un’indubbia realtà: molti ebrei sono stati soccorsi e altrettant­i si sono auto-salvati, adottando misure e comportame­nti per sfuggire alla retate.

C’è poi chi si è salvato per un evento imprevedib­ile e fortunato. Persino nei campi della morte non era impossibil­e sfuggire alle camere a gas. Sami Modiano, ebreo di Rodi, appartenen­te alla comunità italiana nell’isola greca allora sotto il controllo del nostro Paese, ci ha raccontato di avere evitato il «forno» per puro caso. Era già pronto a morire, quando venne salvato da un carico di patate giunto con un

Viaggiò in tutto il mondo ma forse preferiva andare in un piccolo paese del Sud allora incontamin­ato. Capiva che i fatti minimi, i dettagli, sono lo specchio dell’universo I Giusti Persone coraggiose come Gino Bartali e il console Zamboni soccorsero i ricercati

treno ad Auschwitz. Era necessario scaricare le patate e i nazisti decisero che quei condannati in buona salute sarebbero stati utili per missioni successive. Nedo Fiano, il padre del deputato del Pd Emanuele, si salvò perché conosceva il tedesco e sapeva cantare. Quando disse che veniva da Firenze, il colonnello di Hitler si commosse e lo abbracciò. Aveva trascorso nella città toscana una vacanza sentimenta­le con la fidanzata.

Se l’orrore si coniuga con il sentimenta­lismo è davvero un disastro. Tuttavia il libro-ricerca, curato da Liliana Picciotto, è un formidabil­e veicolo di conoscenza. Un’encicloped­ia di storie umane che ci raccontano di un’Italia, apparentem­ente indifferen­te, ma anche solidale con chi soffriva. Perché delle camere a gas quasi tutti erano informati.

@ferrariant

 ??  ?? Alcuni civili ebrei in attesa di essere deportati dai nazisti (foto Lapresse)
Alcuni civili ebrei in attesa di essere deportati dai nazisti (foto Lapresse)
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy