Corriere della Sera

Cercas: «Si rompe così la mia Spagna»

Lo scrittore spagnolo: abbiamo già visto un clima simile. Nel 1934

- di Andrea Nicastro

«Stiamo vivendo i momenti più tesi, difficili e pericolosi della democrazia». Lo scrittore Javier Cercas è preoccupat­o dalla crisi catalana: «Il mio Paese si sta rompendo».

Nel 1981 il tenente colonnello Antonio Tejero tentò di soffocare la giovane democrazia spagnola per restituire il potere ai militari. Il golpe fallì e la Spagna entrò in Europa per il suo periodo di maggior prosperità da sempre. Javier Cercas studiò per anni quel colpo di Stato per poi raccontarl­o nel suo libro più celebre: «Anatomia di un istante». Fuse psicologia di massa e ricerca storica, cronaca e letteratur­a. Mette i brividi sentire proprio lui, scrittore catalano, usare parole pesantissi­me per accendere tutti i segnali d’allarme.

«Stiamo vivendo i momenti più tesi, difficili e pericolosi della democrazia. Con enorme irresponsa­bilità i politici hanno creato le condizioni perché la società si rompa. Viviamo nervosi, scomodi, insicuri. Abbiamo già visto un clima simile nel 1934 e si arrivò alla Guerra Civile. Abbiamo l’obbligo di impedire che succeda di nuovo. George Bernard Shaw diceva: “L’unica cosa che si impara dall’esperienza è che l’esperienza non insegna nulla”. Oggi non possiamo permetterc­i di non sapere e non ricordare».

Per il referendum indipenden­tista di domenica non c’è stata neppure una sbucciatur­a. Perché è così allarmato?

«Perché si è ribaltato completame­nte l’ordinament­o giuridico catalano, senza passare attraverso la legge. Come si chiama questo in italiano?»

Colpo di Stato?

«Esatto. Un golpe ben fatto perché senza violenza, ma sempre un golpe. È un attacco alla democrazia in nome della democrazia, che spende denaro pubblico contro le autorità pubbliche. Paradossi per nulla innocui. In democrazia la forma è sostanza e il fine non giustifica i mezzi».

Nei palazzi del potere catalano si sostiene il contrario: che anti democratic­o sia il governo spagnolo.

«I nazionalis­ti hanno di sicuro vinto la battaglia propagandi­stica. Ho letto un tweet di Edward Snowden che appoggiava l’indipenden­tismo. Proprio lui, un uomo che ammiro. Lo giustifico perché vive in Russia e non avrà potuto informarsi. Ma anche in Europa ci si ferma in superficie».

Vada in profondità, allora.

«Il 6 e l’8 settembre si sono tenute due sessioni nel Parlament di Catalogna del tutto irregolari, con l’opposizion­e fuori dall’aula per protesta. E si sono approvate due leggi: quella per il referendum e quella co- siddetta della “disconness­ione” dalla Spagna, che gli stessi giuristi del Parlament di Barcellona dichiararo­no contrarie allo Statuto catalano, alla Costituzio­ne spagnola e alla legge internazio­nale».

Madrid avrebbe permesso la consultazi­one?

«Anche se nessuna Costituzio­ne democratic­a prevede la secessione, la domanda indipenden­tista resta a mio avviso legittima. Quel che non si può mai fare, mai, è calpestare la Legge anche se per rispondere a un sentimento degno. Si calpesta la democrazia e, quando saltano le regole, qualunque cosa può accadere».

L’ex giudice Baltasar Garzón dice che la Procura generale spagnola sta esagerando.

«Possibile, non so. Di certo i governi spagnoli hanno commesso moltissimi errori, ma nessuno giustifica il golpe della I seggi previsti in Catalogna per il referendum sull’indipenden­za. Madrid ha ordinato agli agenti di sigillarli Generalita­t. Un esempio: i repubblica­ni nel ’36 commisero un’infinità di errori politici, ma il colpo di Stato violento che seguì resta un’aberrazion­e. E poi vediamo la realtà: neanche il governo catalano ha voluto negoziare perché sedersi al tavolo e risolvere il problema con un compromess­o significhe­rebbe perdere potere».

Perché?

«L’immagine che lega questa crisi all’ascesa del populismo in tutta Europa è del 2011. L’allora President catalano Artur Mas si trovava assediato dalla folla inferocita per la sua politica di tagli e sacrifici. Dovette entrare nel Parlament con l’elicottero. Fu uno choc, ma invece di assumersi la responsabi­lità di scelte impopolari, decisero di dare tutte le colpe a Madrid e vagheggiar­e il paradiso dell'indipenden­za. È un procedimen­to tipico del populismo: la colpa non è mai nostra, ma di qualcun altro. In questo caso della Madrid ladrona, come avreste detto in Italia».

C’è una soluzione democratic­a a questa crisi?

«L’hanno già trovata nel Québec canadese. Bisogna costruire un procedimen­to lento, com’è lenta la democrazia, e aprire una via legale».

In un voto legale lei sarebbe per la secessione?

«Esattament­e come se fossi lombardo mi separerei dalla Sicilia Il paradosso Un attacco alla democrazia in nome della democrazia Paradossi pericolosi

o se fossi finlandese da quegli europei del Sud che cantano e non lavorano. Non scherziamo, sarebbe tremendame­nte ingiusto e anche pericoloso. Io sono democratic­o, europeista e di sinistra, non nazionalis­ta. L’Europa è l’unica grande utopia realistica che abbiamo inventato. Miglioriam­ola in senso federale, ma teniamocel­a stretta, altrimenti ricomincer­emo a farci la guerra tra noi».

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Una bandiera della Catalogna durante una manifestaz­ione a Barcellona per l’indipenden­za
 ??  ?? In piazza Una folla di indipenden­tisti nelle strade di Barcellona sventolano schede e bandiere catalane in vista del referendum fissato per domenica prossima (Reuters)
In piazza Una folla di indipenden­tisti nelle strade di Barcellona sventolano schede e bandiere catalane in vista del referendum fissato per domenica prossima (Reuters)

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