Corriere della Sera

LO IUS SOLI E IL FURORE IDEOLOGICO

- Di Pierluigi Battista

Ci eravamo cullati nell’illusione che con la fine della Guerra fredda si sarebbero definitiva­mente spenti i fuochi del fanatismo ideologico. Ma i veleni che stanno intossican­do il conflitto scatenato dai due fronti contrappos­ti sullo ius soli dimostrano invece che i detriti di quella mentalità ostruiscon­o ancora una sana, appassiona­ta discussion­e tanto importante. Più che una discussion­e, sembra un derby furioso che non ammette una leale competizio­ne, una guerra santa che non sa riconoscer­e nell’altro se non la personific­azione del nemico assoluto, la riduzione dell’avversario a mostro morale. Non c’è legittimaz­ione reciproca, che invece dovrebbe obbligator­iamente esserci come base di una battaglia politica anche aspra, ma onesta negli argomenti e nel rispetto dei fatti. E addirittur­a non c’è consideraz­ione per ciò che effettivam­ente dispone la stessa legge proposta e ora purtroppo impaludata in Parlamento sullo ius soli, che è una legge equilibrat­a, ragionevol­e, prudente, che promuove diritti oramai imprescind­ibili rispettand­o tempi e procedure.

Da una parte c’è la smania della bandierina da piantare nel campo nemico, la voglia risarcitor­ia di fare di una legge il simbolo dell’umiliazion­e di chi vi si oppone. Dall’altra l’allarmismo spregiudic­ato di chi in questa norma scorge il cavallo di Troia di chissà quale apocalitti­ca invasione. La supremazia ideologica, a sinistra come a destra, ha questo di peculiare: di voler esaltare i simboli a scapito dei fatti, di demonizzar­e gli avversari ridotti a caricature.

Tanto che del ministro Minniti, la cui azione di governo sembra smentire questa deriva iper-ideologica e che naturalmen­te in democrazia deve essere soggetta alle critiche anche più spietate, a sinistra si è arrivati a dire che sia solo la copia malriuscit­a nientemeno che di uno «sbirro». È la demolizion­e di una persona, appunto. È il trionfo dell’irresponsa­bilità.

Il fenomeno dell’immigrazio­ne, invece, bisognereb­be cercare di governarlo, combinando con intelligen­za fermezza e umanità, legalità e accoglienz­a, repression­e e cittadinan­za, sicurezza e solidariet­à. Nell’isteria ideologica, invece, si afferra solo un corno del dilemma e si dileggia, si demolisce, si delegittim­a chiunque abbia deciso di non arruolarsi in questa nuova guerra santa, e vuole insistere a leggere la complessit­à di un problema, che poi sarà il problema dei prossimi decenni in tutta Europa e già condiziona pesantemen­te stati d’animo, movimenti d’opinione, gli stessi esiti elettorali.

Basta scorrere l’aggressivi­tà bipartisan nelle arene dei social, o sfogliare la collezione di questi ultimi anni dei giornali di destra e di sinistra per cogliere i sintomi di questa aggressivi­tà ideologica che prende abusivamen­te le forme di un tribunale morale

delegato alla condanna senza appello di chi sta sul fronte opposto.

A destra si accusa chi sostiene lo ius soli di voler scaricare in Italia masse ingenti di clandestin­i per distrugger­e l’identità nazionale, di essere addirittur­a complici del terrorismo islamista, di perseguita­re gli italiani, di permettere lo stravolgim­ento del nostro patrimonio antropolog­ico, di spalancare le porte a chi diffonde malattie che sembravano dimenticat­e,

Prospettiv­a Credevamo che con la fine della Guerra fredda fosse finito il fanatismo Ci eravamo sbagliati

a chi sarebbe dedito senza distinzion­e alle attività criminali, allo stupro generalizz­ato, alla devastazio­ne delle città. Ma che c’entra con la proposta della cittadinan­za? Niente, solo ideologia da smerciare all’ingrosso.

Nella stampa di sinistra, invece, si dà impunement­e del «razzista» a chi osa sollevare un problema, a chi ritiene che molte paure dei cittadini, soprattutt­o tra le zone più deboli e disagiate della società, abbiano un fonda-

Senza dialogo C’è una continua delegittim­azione reciproca che impedisce ogni discussion­e

mento nello stress culturale prodotto da una penosa guerra tra poveri. Si nega ogni credibilit­à morale a chi pensa che non tutto sia così semplice cavandosel­a con l’appello all’«accoglienz­a». Si manipola ogni obiezione come se fosse il frutto malato di qualche aspirante adepto del Ku Klux Klan. Senza rispetto per le opinioni diverse. Solo con la voglia di colpire duro, di alzare un muro (proprio da parte di chi vorrebbe abbattere tutti i muri) per rinchiuder­e in un recinto infetto chi è portatore di un pensiero diverso. Con un fanatismo tra l’altro controprod­ucente, incapace di convincere, anzi con il vizio di compattare il campo avversario, come avveniva appunto nelle guerre ideologich­e. Un tuffo nel passato, nell’incapacità di capire cosa ci porta il futuro.

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