L’inchiesta in Lombardia Il ruolo di Mantovani ora è un caso in Regione
stato «centrale» nella costruzione di una giunta, di centrodestra ed eletta nel 2015, «pilotata» alle urne da faccendieri e boss delle cosche e poi «utilizzata» per una gestione illecita della vita del comune brianzolo. Mantovani avrebbe sostenuto i piani dell’imprenditore Antonino Lugarà — legato alle ’ndrine e «dominus» di Seregno, proprietario di un maneggio e di anfore antiche sulle quali sono in corso accertamenti — per avere come sindaco l’avvocato Edoardo Mazza, difensore a parole della legalità e «zerbino», così l’han definito i pm, dei «potenti» di turno. Un impianto investigativo che lo stesso Mantovani, all’apice del successo capace di collezionare cinque poltrone in contemporanea, compresa quella di sindaco di Arconate, fino all’arresto appunto per corruzione di due anni fa, rigetta con forza, convinto della propria innocenza e deciso a battagliare: «La Procura di Monza ha chiarito che la comunicazione
La difesa «Indagato? Un atto di garanzia. Non mi sottrarrò ai doverosi accertamenti dei pm»
giudiziaria consegnatami è un atto di garanzia. Intendo muovermi esercitando fino in fondo il mio sacrosanto diritto di difendermi. Non mi sottrarrò ai doverosi accertamenti della magistratura». Dopo l’arresto del 2015, una volta in libertà per un cavillo legale e forte delle 13 mila preferenze ottenute alle precedenti elezioni, Mantovani era tornato al «suo posto» in Regione (con uno stipendio di 10 mila euro). Adesso, «cristallizzate» sempre a quel 2015, ci sono le telefonate intercettate di Lugarà. Diceva l’imprenditore: «Mario è la nostra punta di diamante». Fu Mantovani, dopo la proclamazione dei vincitori delle Comunali di Seregno, a ricevere un sms da Lugarà: «Ciao ti ringrazio molto, è anche merito tuo». E sarebbe stato Mantovani il «socio occulto» dell’imprenditore (destinatario della questua di primari per ottenere raccomandazioni), in progetti immobiliari da realizzare proprio ad Arconate.