Corriere della Sera

UN NO CENTRISTA MOLTO CRITICATO CHE FA COMODO PURE AL GOVERNO

- Di Massimo Franco

La reazione della sinistra è indignata, dopo l’archiviazi­one di fatto della legge sullo ius soli. E le accuse al ministro degli Esteri, Angelino Alfano e al suo partito per avere bloccato il provvedime­nto, sono pesanti; confortate, peraltro, da quelle del mondo cattolico. Eppure, nelle proteste si avverte qualcosa di eccessivo e poco convincent­e. La sua posizione, motivata con l’esigenza di «non fare un favore alla Lega», in realtà non dispiace né al governo di Paolo Gentiloni né allo stesso Pd.

Li sottrae alla responsabi­lità di mettere da parte un provvedime­nto impopolare e divisivo per la maggioranz­a; e di velare le forti perplessit­à presenti anche tra i dem. Forzare su una legge così controvers­a significhe­rebbe aprire una crepa nella coalizione, senza peraltro raggiunger­e il risultato dichiarato. E assecondar­e chi voleva e vorrebbe addirittur­a porre la questione di fiducia in Senato per approvarla, sarebbe un suicidio. Non per nulla, a invocarla sono l’Mdp e Sinistra italiana, che puntano a far saltare l’alleanza del Pd di Matteo Renzi con Alfano.

«Senza i centristi, al Senato mancano trenta voti anche con la fiducia», ha avvertito la ministra per i rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiar­o. E per recuperarl­i sarebbe necessario smetterla con «crociate e guerre di religione, senza darsi botte in testa ogni cinque minuti». Portarlo in aula sarebbe «la sua condanna a morte», conferma il capogruppo del Pd, Luigi Zanda. L’ipotesi che se ne possa ridiscuter­e dopo il voto sulla Legge di stabilità sa di parola d’ordine d’ufficio. Più ci si avvicina alle elezioni politiche, più la preoccupaz­ione di perdere voti sul tema dell’immigrazio­ne aumenteran­no.

A sentire il leader di Campo progressis­ta, Giuliano Pisapia, approvarlo porterebbe via consensi ma ridarebbe entusiasmo alla sinistra. La tesi suona piuttosto singolare e difficile da spiegare. Ma quando la ministra Finocchiar­o addita l’incapacità di dialogare in Parlamento, non fotografa soltanto quanto succede sullo ius soli. L’analisi si adatta a un clima intossicat­o su quasi ogni provvedime­nto, che porta al nulla di fatto. I timori del partito maggiore anche sull’accoglienz­a che riceverebb­e in aula qualunque ipotesi di riforma elettorale nasce su questo sfondo.

L’impression­e è quella di una strategia contraddit­toria, resa oscillante dal timore di incontrare ostacoli imprevisti ma certi. La somma di queste esitazioni, però, è la posizione di rendita di opposizion­i che si limitano a sottolinea­re l’impotenza della maggioranz­a. E cantano vittoria. Si sente vincitore il leghista Matteo Salvini, che avverte: «La cittadinan­za non si regala. Se ne facciano una ragione i buonisti e alcuni Oltretever­e». L’allusione è a Vaticano sensibilis­simo al tema dell’immigrazio­ne; ma percorso perfino al suo interno da divergenze su come affrontarl­o.

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