Corriere della Sera

Morto dopo il trapianto di cuore I medici: «L’organo era sano»

Roma, indagine per omicidio colposo. I periti dei pm: non era idoneo. Atti a Milano

- Margherita De Bac Fulvio Fiano

Un uomo operato al San Camillo di Roma è morto pochi giorni dopo aver ricevuto il cuore di un donatore in morte cerebrale nella rianimazio­ne del San Raffaele. Il fascicolo aperto dalla Procura di Roma contro ignoti per omicidio colposo è stato trasmesso ai magistrati milanesi. L’ipotesi è che ci sia stato un errore nella valutazion­e dello stato di salute dell’organo, secondo loro non idoneo. In particolar­e, sostengono i periti, ai trapiantol­ogi sarebbe sfuggito un infarto subito dal donatore anni prima. «L’organo era perfettame­nte funzionant­e e aveva tutti i requisiti per essere trapiantat­o. Sono stati eseguiti accurati controlli prima di destinarlo al ricevente secondo un rigoroso protocollo, la documentaz­ione è a disposizio­ne dei giudici», afferma Francesco Musumeci, cardiochir­urgo del San Camillo. Da Milano stesse precisazio­ni: «Escludiamo il precedente di infarto». Parliamo di due strutture d’eccellenza in questo ambito sanitario. La ministra della Salute Beatrice Lorenzin dichiara: «Inaccettab­ile e grave, andremo a fondo». Loredana Vivolo, legale dell’uomo deceduto dopo il trapianto, precisa: «Era rientrato dalle vacanze per fare il trapianto, lui era restio ma le figlie volevano che si operasse per risolvere i suoi problemi di salute».

I fatti. Il donatore, 48 anni, il 29 agosto 2016 viene colpito da malore dopo un tuffo in piscina, riemerge, sviene. Viene portato al San Raffaele. Danno cerebrale. Si pensa a infarto. Invece alla luce di coronarogr­afia, cardiograf­ia e esame delle arterie il sospetto viene escluso. Una volta accertata la morte cerebrale e la non opposizion­e dei parenti, si procede al prelievo. Il chirurgo «espiantato­re» ne conferma l’idoneità e da l’«ok cuore» per un 60enne in lista di attesa al San Camillo. Un uomo provato duramente dalla malattia. Diabete, scompenso cardiaco, fibrillazi­oni. Senza quel dono non sarebbe sopravviss­uto a lungo. L’intervento al San Camillo si chiude senza complicazi­oni. Il cuore mostra in sala operatoria perfetta attività. L’uomo morirà dopo pochi giorni, senza essersi mai ripreso. Succede nell’arco di un anno al 15% dei cardiopati­ci sottoposti a trapianto.

Come da protocollo, il centro nazionale trapianti diretto da Alessandro Nanni Costa riunisce una Commission­e di membri esterni per valutare se le procedure siano state corrette. L’obiettivo di questi audit, indicati da linee guida, è migliorare la qualità dei trapianti cardiaci e correggere eventuali errori. I tecnici «assolvono» gli operatori dei due centri ospedalier­i: tutto in regola. Le cause del decesso vengono attribuite a problemi «estranei» alla funzione cardiaca.

La Procura di Milano ha previsto approfondi­menti e la nomina di nuovi esperti. Ed è questo uno dei punti cruciali: come avviene la selezione dei consulenti. Il professor Musumeci annuncia: «La società di cardiochir­urgia sta lavorando con il Consiglio Superiore della magistratu­ra per prevedere linee guida di selezione dei periti nei rispetto dell’autonomia dei giudici».

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