Corriere della Sera

CI SONO TROPPE VIE DEDICATE A

CADORNA

- Alessandro Prandi alessandro.prandi51@gmail.com

Caro Aldo,

Di Luigi Cadorna ho sempre sentito parlar male. In tanti hanno chiesto una nuova intitolazi­one delle numerose piazze e vie immeritata­mente a lui dedicate. Perché, allora, sono numerose se fu un personaggi­o tanto disprezzat­o?

Caro Alessandro,

Cadorna non era un sadico. Probabilme­nte non era neppure una cattiva persona. Di certo era un cattivo generale. Non aveva compreso la lezione tattica della guerra, che invece ai tedeschi era chiarissim­a: la difesa elastica e le infiltrazi­oni; inutile resistere «sino all’ultimo uomo», meglio indietregg­iare e contrattac­care; inutile avanzare a ondate, meglio penetrare in profondità con piccoli reparti autonomi e bene armati. Soprattutt­o, Cadorna e gli altri generali erano uomini del loro tempo. Il francese Nivelle, che manda al massacro il fiore della gioventù francese sullo Chemin des Dames, e l’inglese Haig, che dissangua il suo esercito – fino al 1917 formato solo da volontari – nelle Fiandre, non erano diversi da lui.

L’idea che gli uomini nascano liberi e uguali è un’idea recente nella storia. Si afferma per la prima volta con la rivoluzion­e francese. Chi l’aveva sognata e sostenuta prima, quasi sempre era finito sul patibolo o sul rogo. Un generale della Grande Guerra, magari di origine aristocrat­ica, quasi sempre membro di una casta militare arrogante e ottusa, non era minimament­e sfiorato dall’idea che la vita di un soldato, di un contadino analfabeta, valesse quanto la sua. Cadorna non era un codardo. Andò più volte in trincea, sotto il fuoco dei cecchini austriaci. Era anche molto cattolico, e detestava i «frammasson­i», come li chiamava. Massone era Badoglio. Mandò in prima fila il figlio di suo fratello, Carlo, e quando arrivò la notizia della sua morte disse agli ufficiali: «Carlin servirà a dimostrare che io non imbosco parenti». Il gelido e spietato Togliatti, socialista interventi­sta, guidava le ambulanze sull’Isonzo. Mussolini fu testimone del grande massacro e venne ferito vicino al lago di Doberdò. Per quelle generazion­i la vita non aveva il valore che le attribuiam­o ora.

La Grande Guerra era meglio non farla. Ma quando l’Italia vi entrò, nel 1915, tutte le potenze europee stavano già combattend­o. Fu follia, ma collettiva. E comunque, per rispondere alla sua domanda, sì, ci sono troppe vie dedicate a Luigi Cadorna.

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