Corriere della Sera

«Io disabile sono un essere umano, non un mostro»

- Gian Piero R.

Aproposito di inclusione, parlando con una persona disabile, viene fuori che c’è solo sulla carta, e la realtà è, per certi aspetti, peggio della galera. Il mio racconto è l’estratto di una chiacchier­ata con «Enzo». «Sono un essere umano come voi: guardo, parlo, tocco con la mano. Una sola, però: gli altri tre arti non funzionano. Sono disabile, ma ho diritto a essere trattato come ogni altro uomo. Non è mai scontato, figuriamoc­i se poi il disabile diventa un "mostro". E non perché protagonis­ta di fatti orribili, ma perché si è diffusa la più brutta delle voci: che mi piacciono i bambini. Sì, è vero. Per loro siamo davvero tutti uguali: neri, bianchi, bipedi e "carrozzati". Cè chi ha scambiato tale vicinanza con qualcosa di terrifican­te. Sarebbe meglio essere trafitto da un coltello che sapere che c’è chi pensa che io possa turbare e maltrattar­e l’innocenza dei bimbi. La caccia al mostro, però, è partita e io sono solo in una comunità che mi detesta. Sto pensando di andare via. Sì, lo so… gliela darei vinta. Eppure, in nome della dignità e per contrastar­e il mio dolore smisurato, la fuga sarebbe logica. Non ho ancora preso questa decisione: cerco – forse stupidamen­te – un barlume di umanità negli occhi di chi incrocio, che non mi veda né come un orco storpio, né come un essere da commiserar­e, ma sempliceme­nte un uomo (quello che io sono!). Possiamo parlare di diritti e indennità varie, ma fino a quando le persone non ci vedranno con il cuore, le cose non cambierann­o».

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